Ormea: in attesa di poter riaccogliere i turisti ecco un po’ di storia per ingannare l’attesa (VIDEO)

Ormea si sta preparando a riaccogliere i turisti in sicurezza e responsabilità, nell'attesa scoprite la storia del paese e dei suoi personaggi con il video racconto a cura di Nuovo Cinema Ormea, foto di Roberto Sappa, montaggio di Germano Nasi. - testi di Alessia Castagnino.

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Ormea si sta preparando a riaccogliere i turisti in sicurezza e responsabilità, nell’attesa scoprite la storia del paese e dei suoi personaggi con il video racconto a cura di Nuovo Cinema Ormea, foto di Roberto Sappa, montaggio di Germano Nasi. – testi di Alessia Castagnino.

IL MARCHESE DI ORMEA 

Forse non molti Ormeesi sono a conoscenza del fatto che il nome della loro città è associato a quello di Carlo Francesco Vincenzo Ferrero, meglio noto come il Marchese di Ormea. Grande diplomatico all’interno dello stato Sabaudo all’inizio del 1700 segna l’avvio di una fase di indubbia prosperità per la comunità ormeese. Il feudo di Ormea si presentava ai suoi occhi come un luogo ideale per impiantare una nuova manifattura tessile, dal momento che non solo era collocato in una posizione ottimale – relativamente vicina al mare, su una delle strade principali di collegamento tra Torino e Imperia –, ma era anche dotato di un ottimo clima, di un’aria buona e di risorse idriche abbondanti e di qualità. Per realizzare il suo progetto, Ferrero ottiene specifiche deroghe (ai nobili non era, infatti, permesso dedicarsi ad attività mercantili) e incentivi dallo stesso governo (come una serie di esenzioni fiscali), ricorre all’impiego di qualificate maestranze inglesi, dirette da John Coward, nativo della contea del Somerset e già attivo nella penisola italiana, soprattutto nell’area vicentina, e fa costruire – chiedendo anche il parere del Gallo – una struttura all’avanguardia, in grado di ospitare i circa 30 telai e di produrre «panni alla foggia d’Inghilterra e ottimi panni di seconda qualità» (P. Chierici, Le iniziative di Carlo Francesco Vincenzo Ferrero…, p. 415). Tutte le fasi preliminari e finali del processo di lavorazione erano concentrate negli edifici di Ormea (oggi rimane in piedi solo quello corrispondente al palazzo comunale), mentre la filatura della lana veniva effettuata anche all’esterno della struttura, in città o in altri paesi della valle.

Le attività del lanificio – destinato a diventare, in poco tempo, uno dei più importanti dell’intero Piemonte settecentesco, fornitore delle stoffe impiegate per la realizzazione delle divise dell’esercito sabaudo – garantivano un sicuro vantaggio alla comunità, sia alla manodopera locale che lavorava direttamente nella fabbrica (circa 206-210 operai all’inizio, quasi 1130 negli anni Settanta, prima della crisi e dell’incendio alla fabbrica durante le campagne francesi in Italia), sia, come appena detto, alle famiglie di Ormea e dei paesi vicini, che svolgevano privatamente alcuni lavori complementari.
Allo stesso tempo, però, non può non essere rilevato come le politiche fiscali ed economiche del Marchese non avessero tardato ad entrare in conflitto con le usanze secolari e i diritti degli Ormeesi, creando una serie di malcontenti e di lamentele pubbliche e formali. Troviamo un resoconto di questi episodi di vero e proprio scontro tra gli Ormeesi e Ferrero nella “Rappresentanza della Comunità”, redatta nel 1778 per richiamare all’attenzione degli eredi del Marchese tutte le questioni lasciate in sospeso. Nelle pagine del documento leggiamo che il Marchese aveva cercato immediatamente di sfruttare le risorse locali per i propri scopi, limitandone l’uso per la comunità (piuttosto noti sono i casi della raccolta della legna e dell’uso dell’acqua del biale, che voleva interamente convogliare nella fabbrica per utilizzarla nella lavorazione delle stoffe), pretendendo anche di far valere antichi privilegi di natura signorile, come il diritto a ricevere la decima e il quinto o quello ad avere una percentuale nelle successioni di persone scomparse senza lasciare eredi diretti, come i genitori o i figli legittimi o naturali.
Per tutta la durata della sua gestione diretta del lanificio – che terminerà nel 1736, anno in cui deciderà di affittare la struttura per dedicarsi primariamente alla sua carriera governativa – il Marchese si dimostrerà, dunque, attento al progresso tecnico e allo sviluppo economico della società ormeasca, ma senza tralasciare i suoi interessi di imprenditore!

Per tutti coloro i quali volessero saperne di più, l’invito è quello a iniziare a leggere la biografia di Roberto Gaja, Il Marchese D’Ormea, Milano, Bompiani, 1988, Giuseppe Ricuperati, Lo Stato sabaudo nel Settecento. Dal trionfo delle burocrazie alla crisi d’antico regime, Torino, UTET Libreria, 2001, e i saggi raccolti da Andrea Merlotti nel volume Nobiltà e Stato in Piemonte. I Ferrero D’Ormea, Atti del Convegno (Torino-Mondovì, 3-5 ottobre 2001), Torino, Zamorani, 2003.

 

Video a cura di Nuovo Cinema Ormea, foto di Roberto Sappa, montaggio di Germano Nasi. – testi di Alessia Castagnino – In copertina ‘La Casa del Marchese