L’inedita e inimmaginabile esperienza di questi mesi, in balia del virus Covid-19, impone una riflessione personale e collettiva. Abbiamo imparato che siamo vulnerabili; credevamo di poter controllare tutto, ma non è così, non siamo al centro dell’universo, siamo ospiti, le piante e gli animali c’erano già prima di noi e si sono ripresi il loro spazio. Abbiamo rotto l’equilibrio dell’eco-sistema e dobbiamo reimparare a vivere nel mondo in modo meno ingombrante e aggressivo, valorizzando l’essenziale e tralasciando l’abbondante superfluo di cui ci siamo circondati.
Abbiamo anche imparato che non possiamo cavarcela da soli, che dobbiamo essere solidali e responsabili, perché le nostre azioni o non azioni gravano sull’intera umanità e sull’ecosistema. Ora dobbiamo reinventarci il futuro, non vogliamo ritornare alla situazione di prima, a un sistema che ha aumentato le disuguaglianze, inquinato il mondo, abbattuto le foreste.
Più che di ricostruzione sarebbe bene parlare di “rinascimento”, con un chiaro riferimento al momento più alto della costruzione della nostra identità, quando a ogni progetto e iniziativa si associava una mente creativa un artista che, anziché ripetere l’esistente, era in grado di dare forma a qualcosa che ancora non c’era ma di cui si sentiva il bisogno.
Stupisce che il Governo nella task force di esperti, oltre alla deplorevole assenza delle donne – e non tanto per una questione di quote ma perché di professionalità femminili autorevoli e riconosciute ce ne sono molte – manchino anche alcune categorie, come ad esempio chi progetta e armonizza lo sviluppo dei territori. La presenza di architetti, artisti, urbanisti potrebbe contribuire a rimodulare le nostre città recuperando il patrimonio edilizio esistente senza ulteriore consumo del suolo, e a valorizzare e ripopolare i numerosi borghi abbandonati di collina e di montagna di cui la penisola italiana è piena.
Che cosa possiamo fare ora come cittadini superata la fase di emergenza e recuperata una quotidianità seppure limitata e contrassegnata ancora dal distanziamento fisico (termine preferibile a quello in uso del distanziamento sociale: abbiamo bisogno di forte prossimità sociale)? Innanzitutto occorre recuperare la normalità democratica compressa in un momento di eccezionale emergenza sanitaria, riconquistando spazi di libertà e di partecipazione che costituiscono un solido argine alle derive autoritarie. Alla potenza inimmaginabile del trauma che ha modificato le nostre vite bisogna rispondere con una potenza reattiva altrettanto inimmaginabile sia livello individuale che sociale. E’ compito delle istituzioni e della politica inaugurare una stagione inedita e accogliere la partecipazione di tutte le energie e di tutti i saperi presenti nella società. E’ compito del cittadino sollecitare e raccogliere questa sfida e farsi parte attiva nel tracciare il futuro della comunità, più o meno ampia, di cui fa parte.
È necessario un cambio di passo, un salto culturale. La democrazia non è solo elettorale, la nostra appartenenza alla sfera della democrazia la esercitiamo quotidianamente nel decidere da che parte stare e nella capacità di costruire relazioni e comunità. Abbiamo bisogno di una democrazia non rancorosa, che non alimenta le paure ma le comprende, aiuta a superarle, rafforza i legami sociali.
Si dovrà mettere mano a questioni irrisolte da tanto tempo: la semplificazione delle procedure quali, a titolo di esempio, quelle degli appalti e quelle fiscali; ridurre i tempi di rilascio delle autorizzazioni, aumentare l’uso dell’autocertificazione e l’esercizio del controllo successivo anziché preventivo, sburocratizzare la pubblica amministrazione ma anche alcuni settori privati quali le banche. Sono tutte misure che alleggeriscono il pesante fardello che devono sopportare i cittadini e le imprese. Per fare questo occorre che le istituzioni si fidino dei cittadini, del controllo sociale che questi possono esercitare per ridurre i rischi connessi allo spostamento a valle della fase del controllo, tramite un’azione trasparente e un’informazione chiara, puntuale e costante. Anche nel ritorno alla “normalità” della nostra comunità cittadina c’è bisogno di inedito, di reimmaginare la nostra città.
Già dall’estate potremmo vedere una città diversa, magari con gli spazi esterni dei bar, negozi e ristoranti ampliati per consentire il distanziamento fisico. Potremmo vedere una maggiore preferenza per i negozi di vicinato, i mercati rionali, i prodotti di prossimità. Potremmo veder circolare più biciclette e meno auto, più zone pedonali e piste ciclabili. Purtroppo vedremo anche saracinesche abbassate, attività chiuse, perdita del lavoro, incremento delle situazioni di disagio economico sociale. Dovremo riorientare le nostre azioni alla luce della maggior consapevolezza originata dall’esperienza pandemica. In questi mesi di reclusione tra le mura domestiche, in città si sono moltiplicate le esperienze di cittadinanza attiva nel segno della solidarietà alle persone più vulnerabili. Tutto questo fermento sociale non va disperso ma valorizzato.
Il ruolo dei Comitati di quartiere, delle organizzazioni, associazioni, cittadini autorganizzati, non può essere meramente ancillare che sopperisce alle emergenze, alle carenze dell’azione pubblica o che diventa catena di distribuzione di decisioni già prese. Tutte queste realtà positive non possono essere escluse dai luoghi di elaborazione delle strategie.
Del resto è un diritto tutelato dalla Costituzione agli artt. 3 e 118 e la crisi pandemica ci ha fatto riscoprire anche la dimensione del dovere di partecipare che richiama il senso di responsabilità di ognuno verso la collettività. Insieme all’assunzione di misure urgenti nel breve periodo, è indispensabile una prospettiva di più ampio respiro. L’Amministrazione comunale alcuni mesi or sono ha avviato un processo di pianificazione strategica in armonia con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030 immaginando un percorso di informazione e di partecipazione attiva della cittadinanza. È il momento di riprendere in mano quel percorso e strutturare le forme di partecipazione. Il motto dell’Agenda ONU 2030 è “nessuno sia lasciato indietro”.
I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile sono uno strumento universale che la comunità internazionale si è data e che occorre declinare concretamente. In questa fase occorre che le istituzioni abbiano il coraggio di rivedere alcune scelte non conformi all’Agenda 2030. Bisogna poi mantenere alta la guardia affinché, sull’altare della ripresa economica, non venga sacrificata la lotta alle disuguaglianze e ritardata la transizione ecologica. Così come non si deve retrocedere dalle buone pratiche rispettose dell’ambiente quali ad esempio l’eliminazione dell’uso della plastica.
I Comitati di quartiere sono i primi sensori sul territorio, ci aspettiamo quindi di essere coinvolti in modo attivo nell’elaborazione delle azioni di breve periodo e delle scelte strategiche per lo sviluppo sostenibile della città. Auspichiamo anche un coinvolgimento nell’elaborazione del regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni, strumento importante di partecipazione attiva dei cittadini nella cura dei beni comuni in attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà.
Da questa riflessione, il Comitato di Quartiere Cuneo Centro vuole aprire un confronto di idee e di proposte per la nostra città, utili ad affrontare la difficile uscita dall’emergenza coronavirus.
Il Comitato farà sintesi delle idee e proposte che i cittadini vorranno inviare alla email [email protected] o alla pagina facebook Cittadini Attivi del Quartiere Cuneo Centro o ancora di persona tramite l’attività di sportello che riprenderà a breve presso la sede in via Silvio Pellico 10, per poi veicolare il contributo attivo del Quartiere all’Amministrazione comunale, nell’esercizio del ruolo affidatogli dall’art, 1.2 del Regolamento dei Comitati di quartiere “quali organismi di partecipazione popolare alle scelte politiche di programmazione generale, e alle attività amministrative, come condizione essenziale allo sviluppo della vita sociale e democratica della comunità, soprattutto delle sue fasce deboli”.
Comitato di Quartiere Cuneo Centro