In questo periodo d’emergenza sanitaria hanno giocato un ruolo essenziale le realtà impegnate nell’aiuto delle persone in difficoltà e, in generale, delle cosiddette fasce deboli; con grande cuore e generosità queste realtà hanno garantito il massimo sostegno. In alcune circostanze l’aiuto è stato possibile solo per via telematica, in altre è stato “di prossimità”, nel rispetto delle norme di sicurezza. In ogni caso, nessuno si è dato per vinto, specie le associazioni di volontariato che si sono prontamente mobilitate per poter continuare ad assicurare il loro prezioso contributo pur a fronte di una pesante emergenza. Tra le realtà solidali che si sono mostrate più attive nel Fossanese c’è sicuramente la Fondazione NoiAltri.
Abbiamo colloquiato con la presidente, Anna Rottondo, per conoscere meglio la storia e i tratti distintivi di questo importante ente del terzo settore, oltre alle attività svolte, soprattutto durante questa fase profondamente complessa e incerta.
Presidente Rottondo, com’è nata la Fondazione NoiAltri?
«Fossano ha un’importante tradizione di associazioni laiche impegnate nel volontariato fino dal 1500. In generale, la nostra città è caratterizzata da un forte spirito solidale. Nel 2013, visto il proliferare di realtà del terzo settore e per evitare frammentazioni, Giuseppe Beccaria, con l’interessamento di Comune, Fondazione Cassa di risparmio Fossano e Diocesi, ebbe l’idea di costituire una fondazione che potesse radunare sotto un unico tetto le varie associazioni esistenti nel Fossanese, così da favorire un coordinamento unico, dar vita a sinergie e poter fare fronte comune in fase di partecipazione a bandi. Ciò ha reso gli interventi più organici ed efficaci. Ora le associazioni che costituiscono “NoiAltri” sono 21 rispetto alle 16 che si registravano in partenza».
Come avete gestito l’emergenza coronavirus Covid-19?
«Noi operiamo sempre attraverso i sodalizi che fanno parte del nostro ente. Le realtà attive nell’àmbito della salute sono state le più impegnate, operando sulla base degli accordi stretti con le autorità e gli enti sanitari. “Amici del cuore”, “Camminare insieme” e altre realtà associative hanno continuato la loro opera di comunicazione per restare in contatto con le persone malate, cosa non facile considerate le limitazioni imposte per quanto concerne l’accesso agli ospedali e, in generale, gli spostamenti. L’“Auser”, che si occupa del trasporto di malati, si è anche fatta carico delle persone positive in isolamento domiciliare, grazie anche alla collaborazione di Comune e Caritas. “Amici del cuore”, che si prende cura di persone con patologie cardiache, insieme all’associazione “Svaf”, ha raccolto donazioni e contribuito all’acquisto di materiale da mettere a disposizione dell’ospedale di Saluzzo. Anche in epoca Covid, il nostro obiettivo è stato quello di presidiare il territorio, facendo da “raccordo” tra le associazioni».
Qual è stato il ruolo dei vostri tanti volontari?
«Dopo una prima fase estremamente complicata, ora stanno provando a rifiatare, pur continuando a garantire, seppure telematicamente, la presenza nei confronti delle persone che assistono. Tutti questi volontari hanno una forza interiore pazzesca, sono speciali».
Quali sono le principali criticità ancora irrisolte?
«Si sono riscontrate difficoltà nell’aiuto alle famiglie con figli disabili per via dell’impossibilità di assicurare loro la nostra presenza fisica. Inoltre, anche la maggior parte di bandi e progetti di nostro interesse è ferma: tutto quello che possiamo fare in questo momento è portare avanti, per quanto possibile, le nostre attività, seppure, in molti casi, da “remoto”».
Qual è, durante questa fase delicata, il vostro obiettivo?
«Bisogna ripartire: servirà uno sforzo importante da parte di tutti i soggetti coinvolti nel sociale. Non bisogna mollare: insieme supereremo anche questa difficile situazione».