Mariella Scirea ci aiuta a ricordare un particolare meno conosciuto del grande Gaetano, il libero della Juventus e della Nazionale che con il suo stile elegante affrontava a testa alta indifferentemente le partite di calcio come la vita. «Dicono che le persone così restano poco su questa terra», sospira la moglie del libero della Juventus e della Nazionale che il 25 maggio scorso avrebbe compiuto 67 anni. Il ricordo di quel dettaglio parte dal vigneto di casa Cavanna, dall’infanzia di Mariella nell’Acquese: «Aveva­mo un terreno con una piccola coltivazione, producevamo anche un vino che era riservato alla nostra famiglia. A Gaetano quel mondo piaceva molto, ne era attratto e chiedeva sempre informazioni a mio padre».

Qui entra in scena l’editore di questa rivista, Carlo Borsalino. Perché fu lui a coinvolgere Scirea, reduce dai suoi più significativi successi in bianconero, nel ruolo – inedito per l’epoca – di testimonial dei vini La Porta Rossa. Fu un’operazione commerciale arguta, ideata da Carlo Borsalino, che abbinava l’immagine limpida di Scirea a quella dei migliori vini delle Langhe e del suo splendido territorio.

«Mi ricordo bene di Carlo, si stabilì un ottimo rapporto umano, ci fu stima fin dall’inizio. Tutta l’esperienza nelle Langhe fu notevole: avevamo potuto conoscere persone che oltre il carattere chiuso rivelavano sentimenti forti e genuini. Ricordo l’edificio con la porta rossa, appunto, all’ingresso della casa vinicola. Abbiamo ancora qualche etichetta del vino, in cantina forse c’è una bottiglia… devo andare a vedere», ci dice Mariella. «Era un ottimo vino e Gay era entusiasta di quell’attività, aveva anche pensato che in futuro, magari diventando socio, avrebbe potuto occuparsene direttamente».

Carlo Borsalino lo coinvolse seguendo i passaggi imposti dalla scala gerarchica della Juve di quel tempo: Scirea disse che bisognava avere il via libera dal presidente Boniperti, il quale spiegò che in quel caso avrebbe dovuto avere il nulla osta dall’avvocato Agnelli. E finalmente, dall’alto, arrivò l’imprimatur definitivo: «Gaetano ha il permesso di fare il testimonial – fece sapere l’Avvocato – perché quello è un vino di grande qualità».

Tutto in una stagione, 1985-’86. Quella del dopo Heysel e di Tokyo, dello scudetto numero 22, dell’eliminazione dalla Coppa Campioni per mano del Barcellona e dell’addio a fine stagione di Trapattoni. Per promuovere La Porta Rossa, alla presentazione nel castello di Grinzane Cavour, erano presenti i due proprietari dell’azienda, il ragionier Domeni­co Berzia e l’enotecnico Luigi Artusio, oltre al giornalista Enrico Heiman (primo direttore di IDEA) e circa 70 inviati dalle testate di tutto il mondo e una platea di quasi trecento persone. L’evento fu presentato a quattro mani da Gaetano Scirea e Carlo Borsalino. Poi furono organizzati eventi con i tifosi bianconeri in giro per il nord-ovest, a cominciare da un locale dei Navigli a Milano che era diretto da Alberto Merlati, cuneese ed ex giocatore di basket.

All’ultima riunione organizzativa nella sede di Diano d’Alba la presenza di Scirea era incerta. Il capitano bianconero stava rientrando dal Giappone dove la Juventus aveva appena vinto la sua prima Coppa Intercontinentale. Tra l’altro si era anche infortunato, era uscito a metà del secondo tempo sostituito da Pioli. Come avrebbe fatto a presentarsi all’appuntamento? Stupendo tutti, con l’aiuto di una stampella e in compagnia del suocero, Scirea arrivò. «Fu un periodo straordinario – ricorda Mariella – per Gaetano e per quella Juventus, in campo e fuori. Troppo breve. Ovviamen­te sul piano pubblicitario i riscontri furono notevoli. Lui era attratto dal mondo dei vini pregiati e amava coltivare il suo rapporto con la gente, con i tifosi. Lo dipingevano come un “orso”, in realtà era un personaggio all’opposto. Si faceva voler bene, era umile e alla buona. Rispondeva agli inviti, era sempre ospite dei club di tifosi».

Scirea si stava appassionando sempre di più. Poi però arrivò la chiamata della Juventus: l’amico fraterno Dino Zoff lo voleva al suo fianco nella gestione tecnica della squadra. Non poteva dire di no. Era il 1989, l’anno del tragico 3 settembre. «Tra partite di campionato, Coppa Campioni e azzurri, Gay aveva poco tempo per la famiglia. Per questo, per stare con lui, io e Riccardo lo accompagnavamo spesso agli eventi ai quali partecipava. Ed è lì che ci rendevamo conto di quanto fosse meraviglioso il rapporto che aveva con le persone. E lo vediamo ancora: il 25 maggio scorso, giorno del suo compleanno, ho ricevuto una marea di messaggi. Tantissimi da giovani.

In tutti è vivo il ricordo, anche in quanti la storia di Scirea se la sono fatta raccontare dai nonni. E da numerosi ex compagni, anche da chi ci ha giocato una sola stagione: mi chiamano, mi ricordano il loro rapporto con Gaetano, raccontano episodi. Come è possibile tanto amore ancora oggi? Peccato che se ne sia andato 31 anni fa, ne sentiamo sempre la mancanza». E vale per tutti.