L’impegno nell’emergenza sanitaria, la ripartenza e i progetti futuri della Fondazione Ferrero. Ne abbiamo parlato con il suo Direttore Generale, nonché Presidente di Ferrero Spa, Bartolomeo Salomone.
In qualità di Direttore Generale della Fondazione Ferrero, l’emergenza Covid-19, come ha influito sulle attività e sui progetti in programmazione per il 2020?
«L’emergenza ha inevitabilmente segnato anche l’attività della nostra Fondazione. Come è noto, essa da decenni continua a rappresentare il dono di Michele Ferrero a migliaia di suoi collaboratori diventati, nel corso degli anni, “Anziani Ferrero”; allo stesso tempo, è diventata un punto di riferimento anche per la comunità più generale, e offre opportunità di conoscenza in ambito artistico e scientifico che riescono ad esercitare un richiamo di livello nazionale ed internazionale.
In questi mesi, il Covid-19 ci ha obbligati a riconsiderare l’intera dimensione della socialità, a riscrivere abitudini e gesti preziosi che davamo per scontati. Anche in Fondazione, per tutelare la salute di tutti, abbiamo sospeso le quotidiane attività dei nostri gruppi, così come la programmazione aperta al vasto pubblico sia in ambito artistico sia scientifico. Abbiamo però intensificato la nostra presenza su altri fronti».
In questi mesi di emergenza, a fianco della donazione di dieci milioni di euro alla Protezione Civile da parte del Gruppo Ferrero, è emerso in effetti anche un contributo, tanto discreto quanto apprezzato, della Fondazione a sostegno di medici e infermieri dell’Asl Cn2, della Croce rossa e di altri presidi sanitari.
«Fin dall’inizio dell’emergenza, è stato naturale interessarsi, da cittadini, all’impegno durissimo, in prima linea contro il Covid-19, dei medici e infermieri del nostro territorio.
La Fondazione, anche su indicazione della Signora Maria Franca Ferrero, è intervenuta, per quanto è stato possibile, là dove venivano evidenziati concreti bisogni: abbiamo perciò lavorato in un contesto difficilissimo per procurare e donare dispositivi di protezione e strumenti diagnostici indispensabili nell’emergenza, nonché organizzato e preso in carico l’alloggio in strutture alberghiere di operatori sanitari che, per motivi di sicurezza, non era opportuno rientrassero in famiglia, con il rischio di contagiare i loro cari.
Piccoli gesti quotidiani che abbiamo sentito il dovere di compiere. Ma in questo capitolo, c’è un episodio che ci fa piacere menzionare, e che non riguarda direttamente la Fondazione come istituzione: mi riferisco all’impegno personale profuso dagli Anziani Ferrero, che hanno finora raccolto quasi 25.000 euro, grazie ai quali sono stati donati all’Asl Cn2 oltre 40 caschi per la ventilazione assistita e due ecografi polmonari».
Il legame con il territorio è da sempre parte imprescindibile del lavoro della Fondazione che è l’espressione di quell’impegno e dell’impostazione che contraddistingue tanto l’azienda quanto la famiglia Ferrero. Come riuscite a perseguire con determinazione queste linee guida?
«Cerchiamo di tenere a mente le indicazioni racchiuse nel motto della Fondazione, una efficace sintesi del pensiero di Michele Ferrero: “Lavorare Creare Donare”. La condizione del lavoro deve sempre accompagnarsi alle altre due dimensioni: così acquista quel significato, quella compiutezza che, nella figura del signor Michele Ferrero, è stata per noi esemplare. Non si può lavorare restando avulsi o indifferenti al contesto sociale e umano in cui si opera».
Quest’anno in autunno si dovrebbe svolgere, come consuetudine, un altro importante appuntamento con una grande mostra d’arte. Ci può dare notizie in merito?
«Il Covid-19 ci ha imposto, naturalmente – a noi, così come agli enti museali e a tutte le realtà che si occupano di allestire e gestire mostre che richiamino grossi flussi di visitatori – un ripensamento, in un clima di assoluta incertezza e di cautele che necessariamente oggi si impongono.
Eravamo impegnati a portare avanti il percorso della Fondazione, con un grande evento espositivo di richiamo internazionale in calendario in autunno che ci vediamo, invece, costretti a rinviare probabilmente di un anno. Riprenderemo già dall’autunno, ovviamente in linea con gli standard di sicurezza imposti dall’epidemia, le attività scientifiche legate all’ambito medico».
La Fondazione non ha solo finalità culturali, ma anche sociali. Quali i progetti su questo fronte?
«Attualmente, per gli Anziani Ferrero sono ripresi, ma solo su appuntamento e ovviamente nel rispetto rigoroso di tutti i protocolli sanitari più adeguati, il servizio medico e infermieristico, e l’assistenza sociale. Gradualmente, se vi sarà la possibilità di farlo in sicurezza, valuteremo se proporre alcune delle nostre attività, che coprono un ampio spettro essendo ricreative, culturali, di solidarietà.
Sulla nostra pagina Facebook stiamo pensando a iniziative dedicate a loro, ma anche al pubblico esterno – come il ciclo di conferenze, coordinato da Piero Bianucci, che a partire dal 15 giugno, grazie a esperti di alto livello (Bassetti, Mantovani, Di Perri, Rasetti, Remuzzi, Viola, Vespignani, Dianzani, Isaia) cercherà di fare il punto, in maniera equilibrata e da prospettive anche inedite, sull’esperienza Covid-19.
Ancora incerta, invece tutta l’attività che riguarderà il Nido e la Scuola dell’Infanzia, di certo stiamo ricercando tutte le soluzioni per una ripresa la più vicina possibile, ma ovviamente in condizioni di assoluta sicurezza».
La digitalizzazione, anche in ambiti culturali, rappresenta il futuro più immediato a discapito di esperienze reali?
«Questi mesi di lockdown ci hanno proposto lo strumento digitale come alternativo alle esperienze fondate sulla partecipazione diretta e reale delle persone. È un altro tipo di partecipazione, non alternativa, ma parallela. In attesa di riprendere le nostre regolari attività, potenzieremo le occasioni di incontro e di dialogo su piattaforme online, che resteranno sempre un’opportunità per allargare la platea del nostro pubblico, anche quando si tornerà alla normalità».
Lei rappresenta la famiglia Ferrero nella Fondazione Nuovo Ospedale Alba-Bra, intitolato a Pietro e Michele Ferrero. Come giudica questa esperienza e a quali nuove prospettive state lavorando?
«L’Ospedale di Verduno, come si sa, ha avuto una storia e un cantiere piuttosto travagliati. La Fondazione Nuovo Ospedale ha raccolto la generosa disponibilità di privati cittadini e aziende del territorio per contribuire a costruire e ultimare in modo ottimale questo importante, essenziale presidio sanitario.
Questo non significa soltanto un compimento infrastrutturale: la Fondazione opera, anche in prospettiva, perché questo sito sia davvero all’avanguardia per attrezzature, strumentazioni ma soprattutto per competenze nelle diverse specialità. I prossimi progetti che andremo a sostenere mettono al centro le persone, investendo sulla loro formazione e qualificazione per tendere a standard qualitativi di eccellenza.
L’intitolazione a Pietro e Michele Ferrero, che la Famiglia ha accolto con gratitudine, credo sia simbolica da un lato per far comprendere quanto l’ospedale sia stato atteso dalla popolazione di Langhe e Roero, dall’altro quanto debba essere orientato con serietà e con fatti concreti all’innovazione e all’eccellenza».
Cosa si prova, in qualità di Presidente di Ferrero Spa e di Direttore Generale della Fondazione Ferrero, a lavorare a stretto contatto con una grande Famiglia, e in particolare con la Presidente della Fondazione, la Signora Maria Franca Ferrero?
«Mi ritengo davvero molto fortunato, professionalmente ed umanamente. Ho iniziato giovanissimo a lavorare per questo Gruppo, che oggi sotto la guida salda e lungimirante del dottor Giovanni Ferrero, in veste di Presidente Esecutivo, ha raggiunto i vertici del ranking mondiale.
Ho la fortuna di collaborare abitualmente con la presidente, Signora Maria Franca Ferrero, da sempre molto attenta a che l’azione della Fondazione incida positivamente sulla comunità, e non in senso effimero o sensazionalistico, ma con coerenza e continuità, come si può del resto “leggere” nella sua storia.
Una storia davvero unica che ancora oggi mi entusiasma».