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Sergio Soave è anche presidente del Polo del’900 di Torino, centro culturale aperto alla cittadinanza, frutto di un progetto sostenuto dalla Compagnia San Paolo insieme al Comune di Torino e alla Regione Piemonte. A tal riguardo il saviglianese spiega: «Proprio nei giorni scorsi abbiamo ritirato il premio “Gianluca Spina per l’innovazione digitale nei beni e attività culturali” (nella foto sotto, il presidente Soave e il direttore del Polo, Alessandro Bollo ritirano un altro premio, nel 2019, a Roma).
Ovviamente anche l’attività del Polo del ’900 ha subito uno stop, ma stiamo riprendendo. Uno dei punti di forza del centro è il museo che nei sotterranei ospita un rifugio antiaereo, con la simulazione di come si vivessero gli attacchi nemici in tempo di guerra. Proprio per il tipo di spazio, stretto e sottoterra, però, ci sono state imposte limitazioni molto pesanti, rendendo difficile il suo utilizzo. In questo momento occorre disporre del doppio del personale di prima, per la metà delle presenze.
È un problema che hanno tutte le strutture stabili e chiuse». Sulla possibilità di lavorare da remoto, invece, Soave ravvisa più pro che contro: «Giù quando facevo politica e c’erano queste riunioni nazionali, tutti si lamentavano delle spese per essere presenti in un posto in cui alla fine parlavano in cinque e gli altri stavano ad ascoltare tutto il tempo. Per quanto riguarda le comunicazioni e le riunioni dei CdA, collegarsi da remoto è assolutamente utile e sono più che favorevole, perché permette di impiegare il tempo necessario all’incontro e nulla più.
Inoltre la distanza favorisce la sintesi, per cui è raro che ci si lasci andare a discorsi sbrodolati. Il problema piuttosto, è tecnologico, con il sovraccarico di rete. Magari in un prossimo futuro sarà facilmente superato grazie al progresso in campo tecnologico. Diverso, ovviamente, è il caso della scuola, in cui c’è un rapporto docente-discente, per il quale la presenza fisica è importante.
