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«Il valore di ricercare nel nostro passato»

L’architetto Lorenzo Mamino presenta le attività del Centro studi monregalesi

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Dal lontano Orien­te al basso Pie­mon­­te: stelle di car­­­ta colorata tramandano l’antica arte della me­di­­tazione. Questa settimana IDEA riscopre la tra­dizio­ne de­gli origami, grazie al lavoro di ri­cerca del Centro stu­di monregalesi, ente culturale presieduto da Sebastiano Teresio Sordo, con sede a Mondovì. Di questa realtà abbiamo par­­lato con l’architetto Lo­ren­zo Mamino, di­ret­tore della rivista “Studi monregalesi”, che da circa 24 an­ni, affiancando l’attività del Cen­t­ro studi, si occupa di fa­re ri­­­­­­cer­ca e studiare le bel­lezze del pa­trimonio artistico, ar­che­o­lo­gico e na­turale del Mon­re­ga­lese e del­la provincia di Cuneo.

Direttore Mamino, come nasce il Centro studi?
«Alla fine del Cinquecento il ve­scovo Vincenzo Lauro istituì il “mon­te di pietà” nelle vicinanze del­l’at­tuale duomo di Mon­dovì; la Com­pagnia del San­tissimo lo ge­stì per anni; ven­ne dismesso alla fine del­l’Ot­to­cento. In seguito alla sua estin­­zio­ne, all’inizio del No­ve­cen­to, i beni rimasti sarebbero dovuti convergere nella Cassa di ri­spar­­­mio di Cuneo, ma l’ono­­re­vole Pierluigi Gasco, sindaco di Mondovì dal 1988 al 1990, si mo­­bilitò per evitarne il trasferi­men­to. La fondazione del Cen­tro studi si deve quindi proprio all’impegno di Gasco (il quale si attivò anche per l’apertura del­la sede decentrata del Poli­tecnico, ndr)».
Quale fu il provvedimento che consentì di mantenere quegli importanti be­ni a Mondovì?
«Si decise di modificare lo statuto, dando vita a un centro studi, che è stato istituito ufficialmente nel 1986, in vicolo Monte di pie­tà, a Mondovì Piazza. Ven­nero creati gruppi di studio e com­missioni, da cui nacque la rivista “Studi monregalesi”, pub­­blicata per la prima volta nel 1996».

Di che cosa si occupano, nello spe­cifico, il Centro e la Rivista?
«“Studi monregalesi”, come si precisa in copertina, si occupa di storia, archeologia, arte, an­tro­pologia e scienza del territorio. Viene pubblicata con ca­den­­­­za semestrale, da circa 24 anni.

Approfondiamo svariati argomenti: la storia della scuo­la secondaria a Mondovì, dal­la sua nascita alle vicissitudini della “città degli studi”, il re­­stauro del­la chie­­sa di San­ta Cate­rina a Vil­la­nova, gli edifici storici del bor­go di Rocca de’ Bal­di, lo studio ed eventuali utilizzi futuri della cappella di San Bernolfo, una monografia fotografica sull’interno del duo­mo e la pubblicazione “Due artisti, due poeti e tre storici a Mon­do­vì”, dedicata a Fran­ce­sco Fran­co, Tanchi Mi­chelotti, Carlo Regis, Silvio Ri­naudo ed Emi­lia Borghese, Giu­sep­pe Gri­seri e Giorgio Lombar­di. Il Cen­tro conta circa 150 so­ci; le no­stre pub­blicazioni sono disponibili nelle bi­blio­teche della Granda, presso l’ar­chi­vio storico e la bi­blioteca na­zionale di Torino».

Al centro delle vostre ricerche ci sono anche gli edifici storici, tra cui i teatri, vero?
«Nel 2019 abbiamo parlato dei teatri ottocenteschi del Mon­re­galese e dell’intera provincia di Cuneo. Impossibile non men­­zio­­­nare quello di Mondovì Piaz­­­za, sito in via delle Scuole (so­no iniziati proprio in questi giorni gli interventi di mes­sa in sicurezza della struttura, ndr), che è stato utilizzato fino al 1950 circa. È difficile imma­gi­­nare di poterlo rimettere completamente in sesto per un successivo riutilizzo: è una costruzione perlopiù in le­gno, pertanto molto difficile da utilizzare, spe­cie alla luce delle norme antin­cendio. Detto ciò, sarebbe interessante mostrarlo nel suo aspetto originale, almeno dall’esterno, come ha proposto l’Am­ministrazione comunale».

Come organizzate le ricerche?
«Visitiamo gli archivi storici e par­­rocchiali, come fat­to, ad esem­pio, per studiare frazione Grat­­­te­ria. Le nostre pubblica­zio­­­ni han­­­no un taglio storico-scienti­fi­co: l’obiettivo è diffondere il “pas­­sato culturale” delle nostre zo­ne e, al contempo, intendiamo redigere ma­teriali uti­­li per gli studiosi. Con il “lockdown”, non potendo operare all’esterno, ci siamo dovuti completamente rein­ventare».

Quale argomento avete trat­tato nel­l’ultimo numero della Rivista?
«Abbiamo scelto un tema mol­to particolare: quello degli ori­ga­mi (dal giapponese “ori”, “pie­­­­gare” e “kami”, “carta”, ndr), dalla loro nascita in Orien­te fino al loro arrivo nel basso Pie­monte e nelle scuole monregalesi. Abbiamo realizzato un nu­mero molto “colorato”: una pri­­­ma parte è dedicata alla storia, mentre la seconda contiene un piccolo “manuale” per creare stelle con la carta».

Questa forma d’arte è diffusa nella nostra provincia?
«L’idea di parlarne è stata di mia moglie, Silvana Bet­ti; han­no colla­bo­rato Enrica Dray di Fos­sano, Lidia Che­rasco di Roc­ca de’ Baldi e Pa­trizia Porzio di Va­­rese, origamiste del Cdo (Centro dif­­­fusione origami), realtà che ogni anno organizza un raduno na­­­zionale. Nel Cuneese esistono diversi gruppi di origamiste che, con passione, danno vita a piccoli oggetti d’arte».

BaNNER
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