Alto contrasto | Aumenta dimensione carattere | Leggi il testo dell'articolo
Home Articoli Rivista Idea «I soldi dell’Ue sono l’occasione per cambiare»

«I soldi dell’Ue sono l’occasione per cambiare»

L’analisi di Marcelo Sorgi: «Italia, sarebbe un delitto». «Mai visti 209 miliardi tutti insieme per il nostro Paese: arrivano nel momento giusto. Non abbiamo alternative al Mes. Le condizioni? Saranno uno stimolo per fare le cose per bene e avviare la rinascita»

0
197

Marcello Sorgi, il premier Conte ha definito “storico” l’accordo Ue. Che ne pensa?
«Dipende dal punto di osservazione. In genere, quando abbiamo dato per morta l’Ue, l’abbiamo vista risorgere. Stavolta c’era una ragione in più: ci sono diversi paesi minacciati dai partiti sovranisti. L’Un­gheria di Orban ha addirittura cominciato a modificare la Costituzione e il perimetro della democrazia. Non c’era mai stata una minaccia così, questo ha influito sulla positiva conclusione dell’accordo».
È quello che si aspettava?
«Sono stato ottimista fin dall’inizio, poi i termini dell’accordo sono andati oltre le previsioni, nel senso della quantità degli interventi».
E la questione delle condizioni?
«Salvini e Meloni in particolare hanno parlato di “ostacoli”, ma per un paese che deve crescere si tratta in realtà di stimoli per una serie di cambiamenti indispensabili nel lavoro, nelle riforme economiche. In un’ottica positiva, si tratta quindi di opportunità».
Il Mes però è stato criticato da una larga rappresentanza della politica.
«Credo che i dubbi saranno ridimensionati quando a ottobre e novembre si vedrà che si trattava di una misura indispensabile. Sono 209 miliardi di cui 82 a fondo perduto e 127 come prestito. Avremo la possibilità di richiedere un anticipo del 10%, circa 21 miliardi in arrivo a metà del 2021. Però a quel punto potremmo rivolgerci alle banche per ottenere liquidità anticipata, sfruttando i bassi interessi attuali».
Questo significa che il piano delle riforme dovrà essere pronto entro ottobre?
«È appunto un motivo d’incertezza, dipende da quale sarà la forza della maggioranza che dovrà gestire questi soldi varando nuove leggi sul lavoro. La maggioranza attuale dovrebbe passare (tornare) dal Reddito di cittadinanza al Jobs act di Renzi, stando a quanto chiede l’Ue».
Non sarà semplice.
«È evidente che ci vorrà l’aiuto di tutte le forze politiche. Per trovare una soluzione in vista del marzo 2021 quando sono previsti i primi contributi economici europei. Lo scostamento di 25 miliardi dal bilancio è già stato realizzato per la spesa corrente e la cassa integrazione. Ma in questo contesto, se le aziende potranno di nuovo licenziare, lo faranno».
Che cosa si potrà fare per scongiurare questa possibilità?
«Saranno necessari nuovi vantaggi a favore delle imprese, incentivi per nuove assunzioni o contributi, altrimenti le casse rimarranno vuote e gli effetti del dopo Covid si vedranno in maniera concreta. Già adesso un milione e mezzo di persone non ha ricevuto la cassa integrazione, in troppi sono rimasti fuori dagli aiuti. Ecco quindi che in questa ottica il Mes diventa indispensabile».
Anche perché dovrà essere usato per l’emergenza sanitaria.
«Sarà una motivazione ulteriore, la paura del virus rappresenterà un incentivo».
Bicamerale o Task Force: chi dovrà gestire i fondi?
«La questione della Bicamerale sinceramente non l’ho capita. Se questi soldi sono stati assegnati al Governo, è perché lo hanno giudicato credibile. Un anno fa la situazione sarebbe stata del tutto diversa. Chi arriccia il naso dovrebbe prenderne atto. Quando l’Italia entrò nel piano Marshall, i comunisti restarono fuori. Ci sono condizioni poste dal Recovery Fund che con il Mes si affievoliscono. Il problema è guardare in prospettiva: il piano è stato chiamato “Next Generation” non a caso. Una volta superato l’appuntamento delle elezioni regionali, la politica dovrà adeguarsi».
Che cosa resta, nei rapporti con l’Europa, della via tracciata dall’Olanda?
«La questione è stata risolta, come sempre è accaduto, con negoziati che hanno concesso vantaggi ai paesi frugali. La vera novità consiste nel fatto che l’Europa per la prima volta affronta un debito comune, non era mai accaduto».
Quali conseguenze ci saranno?
«Penso a tasse comunitarie, su energia verde, ricerca. I paesi frugali sono stati molto esigenti per le procedure di erogazione dei fondi e avranno un ruolo di controllo. Se i piani di riforma non saranno credibili, i fondi potrebbero essere bloccati».
Per l’Italia, in definitiva, quali prospettive si aprono?
«L’Italia non ha mai avuto a disposizione una somma di denaro come quella che l’accordo prospetta. Se pensiamo che a novembre di un anno fa, si faceva fatica a reperire 13 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva abbiamo detto tutto. Si tratta di una grandissima occasione, sprecarla sarebbe un delitto».
Quali sono le priorità?
«Attuare quel piano di opere pubbliche di cui abbiamo sempre parlato e che mai è stato tradotto in pratica. Avviare la trasformazione digitale la cui urgenza è stata confermata dal Covid, coprire le zone del paese non raggiunte dalla rete…».
In una parola, recuperare il ritardo rispetto ad altre realtà?
«Pensiamo alla Spagna che un tempo era più arretrata e che ora ci ha abbondantemente sorpassato».
Perché siamo rimasti a guardare?
«Perché confidiamo sempre un po’ troppo nella nostra buona stella e ci giustifichiamo con la nostra unicità. D’accordo, abbiamo tante risorse uniche. Ma oltre a puntare sul turismo dobbiamo fare in modo che il contesto sia migliore oltre a mettere a posto i conti, altrimenti non ne usciremo».

BaNNER
Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial