Prosegue la “traversata” da Sud a Nord del documentarista e viaggiatore cuneese Giovanni Panzera che, come abbiamo riportato nelle scorse settimane, sta compiendo un viaggio in bicicletta di 3.000 chilometri per dare seguito al suo progetto “Pedalando tra le aquile”, avviato un anno fa. Di seguito pubblichiamo un nuovo resoconto della sua impresa sportiva. «Blockhaus, Gran Sasso, Terminillo: tre grandi e mitiche salite sono ormai alle mie spalle. Sul Blockhaus, una delle salite più impegnative d’Italia, chiamato non a caso “il gigante cattivo degli Appennini”, la vera insidia è stato il dislivello: circa 2.000 metri in 22 chilometri con una pendenza media del 9% e una parte centrale di circa 9 chilometri con una pendenza media del 10% e punte del 16%. Il Gran Sasso-Campo Imperatore che con i suoi 2.130 metri di altitudine è la “Cima Coppi” della mia “traversata” degli Appennini “Dall’Etna al Monviso”. Una ascesa impegnativa di 26 chilometri che mi ha condotto in un luogo unico, che richiama le zone del Tibet proprio per la sua conformazione. Mentre affrontavo questa dura ascesa il mio pensiero è andato all’impresa realizzata da Marco Pantani il 22 maggio 1999. Prima di affrontare il Gran Sasso ho fatto sosta a L’Aquila e nei paesi vicini colpiti dal terremoto 11 anni fa e la commozione è stata grande. I ricordi sono andati indietro nel tempo quando ho condiviso con questa gente e i volontari della Protezione civile di Cuneo quei terribili giorni, realizzando uno dei documentari a me più cari. Anche se molto c’è ancora da fare, “L’Aquila piano piano sta ritornando a volare”. Altro “grande gigante” affrontato il Terminillo, salita lunga ben 26 chilometri, con pendenza media del 7%. Con il Terminillo ho toccato quota 53 salite raggiunte durante questo mio nuovo viaggio. Non mancano incontri particolari: tra questi c’è sicuramente quello avvenuto al Passo delle Capannelle con i pastori di pecore e mucche dove, dopo un momento di stupore per l’avventura che sto affrontando, la chiacchierata si è concentrata su ambiente, clima bizzarro e duro lavoro; lavoro che le persone che abitano in queste zone svolgono da secoli, utilizzando per spostarsi vecchi tracciati che già in antichità venivano percorsi dai pastori abruzzesi e dagli inseparabili cani, compagni fedeli da sempre. “Dall’Etna al Monviso” è dunque sempre più un’occasione per vivere la natura, rimanendo immerso nel cuore di aree boschive splendide, attraversando monti e colline e scoprire borghi incantevoli e fatati, chiese, eremi e simboli della tradizione e della cultura italiana, in molti casi patrimoni tutelati dall’Unesco. Il viaggio è proseguito nelle Marche e in Emilia-Romagna, dove ho trovato il Carpegna e l’Abetone.“Il nome del Carpegna è indissolubilmente legato a Marco Pantani, che su quella salita preparava le gare più importanti. Arrivato sulla cima, una forte folata di vento è sopraggiunta all’improvviso quasi come se il Pirata avesse voluto complimentarsi con me. È stato un momento fortemente emozionante. Non potrò mai dimenticare quando, alla Scuola di ciclismo di Davide Cassani, Marco ci regalava il suo sorriso e la sua allegria. Successivamente, ho affrontato l’Abetone, dove ebbe inizio il mito di Fausto Coppi. Nella mia lunga pedalata attraverso il Paese ho incontrato anche tante altre salite che non hanno avuto lo stesso onore ma che per pendenza e chilometraggio non sono meno suggestive di quelle più blasonate. Proprio queste salite mi hanno impegnato a fondo e ho dovuto dare il massimo. Chilometro dopo chilometro, verso l’Appennino ligure e le montagne di casa, la stanchezza si fa sentire: alle mie spalle ci sono 2.300 chilometri, la metà dei quali in salita…».
«Cime leggendarie che regalano emozioni uniche»
Continua il tour su due ruote “Dall’Etna al Monviso” del documentarista cuneese appassionato di ciclismo Giovanni Panzera