Con la raccolta delle uve rosse, finisce il lungo bombardamento notturno anti cinghiali, che ha visto recentemente interessati Canale, Montà, Cisterna e altri paesi del Roero con vigneti in prossimità della lunga dorsale delle Rocche. Il disagio è stato notevole e ne fanno prova le telefonate ai carabinieri, ai vigili e le insistite proteste sui social.
Ora è comprensibile che i contadini difendano con le unghie e con i denti un sudato raccolto, ma non è accettabile che questo avvenga a spese della quiete notturna e del sonno di migliaia di cittadini. Per qualcuno più vicino alle esplosioni, oltre alla perdita del sonno, si è andati molto vicini ad autentici shock nervosi. E’ facile immaginare, inoltre, il disturbo arrecato alle altre specie animali che vivono in zona.
L’attuale spropositata proliferazione di cinghiali (che mai nelle nostre zone hanno rappresentato un problema, sia nel numero che nella specie autoctona di piccola taglia) ha avuto inizio una decina di anni fa con la liberazione di femmine incrociate alloctone che superano il quintale e mezzo e arrivano a tre cucciolate annue. E’ vero che i colpevoli sono stati singoli cacciatori scriteriati, condannati apertamente dal mondo della caccia che invece rispetta le regole stabilite, sta di fatto che si è creata una nuova categoria
di cacciatori : i cinghialisti.
Ci sembra purtroppo di dover constatare che più che al contenimento serio e concordato con la Provincia dell’incremento del numero dei cinghiali, per colpa di una minoranza di profittatori e speculatori quella dei cinghialisti si sia trasformata in una pratica con allettanti ritorni economici, un vero e proprio business. Prova ne sia che dei 1500 abbattimenti di cinghiali consentiti nel Roero, ci si sia fermati poco più che alla metà. E questo non certo per l’opposizione del mondo ambientalista, che oltretutto non ha potere decisionale in materia.
Se la Provincia lo decide, le battute si svolgono anche nelle due oasi presenti nella nostra zona: Oasi di Mombirone e Oasi di San Nicolao, peraltro di sole poche centinaia di ettari. Precisiamo che non siamo per l’uccisione degli animali selvatici in natura, perché tutti senza eccezioni svolgono un importante ruolo e il solo riuscire a sopravvivere è sovente per loro ardua impresa. Siamo inoltre convinti che Madre Natura mette in moto con i suoi tempi gli strumenti per calmierare il numero degli animali presenti, ma in questo caso, in cui le alterazioni sui numeri sono causate dall’uomo, è forse preferibile un intervento di contenimento drastico concordato scientificamente con esperti “super partes”, piuttosto che l’attuale stillicidio annuale di migliaia di poveri animali che proprio non hanno colpe.
Si tratterebbe di tornare ad una situazione più equilibrata, anche se sarà impossibile ricreare l’ambiente anteriore alle immissioni dei bracconieri, e iniziare a considerare che anche il lupo giocherà in futuro (e in parte la sta già giocando) la sua partita per la sopravvivenza, se persistono sul territorio grandi numeri di cinghiali e caprioli.
Tornando invece agli scoppi notturni, chiediamo di non aspettare la prossima vendemmia, i
sindaci interessati invitino ad un tavolo i vari soggetti coinvolti: l’ente provinciale, i contadini, gli ambientalisti, i cacciatori e quanti interessati, e si trovi una soluzione ragionevole per tutti, che riconosca l’eventuale danno provocato, la possibilità di accertarlo, gli eventuali risarcimenti, la ricerca di dissuasori meno invasi, ma che soprattutto non si faccia più ricadere su interi paesi un tale disagio.
Canale Ecologia