«Pedalo al contrario per fare del bene»

Il caragliese Davide Rivero ha percorso il Colle Fauniera “all’indietro” per una nobile causa

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Scalare il Colle Fauniera in sella a una bicicletta che ha trent’anni di vita, sedendosi con il volto rivolto verso valle e pedalando al contrario per 30 chilometri. È questa l’impresa compiuta da Davide Rivero, cicloamatore caragliese di 27 anni, che lo scorso 12 settembre ha scelto di lanciarsi in quest’esperienza apparentemente folle, sostenuto dall’aiuto di un team composto da più di venti persone. Per quale motivo? Ce ne sono almeno «21 mila» di buoni motivi. 21 mila come gli euro che, nel momento in cui questo numero della Rivista IDEA va in stampa, sono stati raccolti per aiutare “Amico sport”, l’associazione cuneese che si occupa di sport per persone diversamente abili, nella ristrutturazione della propria sede di San Rocco Castagnaretta.

Rivero, come nasce l’idea della scalata “al contrario”?

«Sono un ciclista amatore, che spesso si mette alla prova in gare agonistiche. Il mio obiettivo, in questa stagione, era fare un bel risultato alla granfondo “Fausto Coppi”, che passa sulle strade di casa mia. Quando è stata annullata per via del Covid-19, ho subito pensato a un nuovo obiettivo per poter continuare ad allenarmi. Con alcuni amici è così nata questa idea che con il tempo è diventata un’iniziativa concreta».

Un’impresa sportiva che ha però una valenza sociale. Come mai?
«La sola pedalata al contrario non poteva essere uno stimolo sufficiente per me. Mi serviva un motivo per mettermi alla prova. Sapevo che un’iniziativa del genere avrebbe potuto attirare l’attenzione di molti e ho capito che poteva essere un’occasione per fare del bene. A quel punto, siamo partiti alla ricerca di un’associazione del territorio che promuovesse lo sport per persone con disabilità. “Amico sport” aveva il progetto perfetto per noi: necessitava di fondi per sistemare la pavimentazione e la vetrata della sua sede e ci ha subito coinvolti attivamente, facendoci vedere da vicino che cosa servisse. Da lì è partito tutto».

Al suo fianco ha voluto Luca Cucchietti, un “mago” dell’handbike…
«Io e Luca ci siamo conosciuti per caso. Mi stavo allenando sulla strada di Montemale, lui mi ha visto pedalare al contrario e mi ha chiesto cosa diamine stessi facendo. Gli ho spiegato il motivo, ho visto il suo entusiasmo, sono tornato a casa e la mattina seguente l’ho chiamato: doveva essere parte di quest’iniziativa che riguardava così da vicino il mondo della disabilità».

Che cosa ha voluto comunicare con la scalata “all’indietro”?
«Ci sono almeno due messaggi che spero di aver lasciato in chi mi ha seguito. Il primo è legato al coronavirus: lo stare chiusi in casa e distanziati ha cambiato i paradigmi della nostra vita, stravolgendo la nostra quotidianità. Anche la mia pedalata ha stravolto i paradigmi del ciclismo, dimostrando, però, che si può andare avanti comunque».

E il secondo?

«L’altro messaggio è connesso al mondo della disabilità, di cui sono stato per un giorno alfiere. In quelle quasi tre ore è come se mi fossi vestito con i panni di chi quotidianamente vive il nostro stesso mondo affrontandone le difficoltà con dei sensi diversi. Io non potevo contare sulla vista, ma avevo al mio fianco Claudio Garelli, il mio “navigatore” che mi forniva le indicazioni del caso, e lo sguardo attento di Luca. In quei 30 chilometri ci siamo guardati negli occhi, contando l’uno sull’altro, entrambi con i propri limiti, dimostrando che insieme siamo più forti».

Ha parlato dell’imprenditore Claudio Garelli. Quanto è stato importante per lei durante il percorso?

«Claudio è sempre importante per me. È stato lui la vera fonte di ispirazione della scalata. Con la sua azienda ha frequenti rapporti professionali con la Cina e durante il “lockdown”, senza alcun tornaconto, è riuscito a portare in Italia mascherine per un valore di 120 mila euro, donandole poi agli operatori sanitari. Ammirando la sua azione solidale, ho capito che anche io dovevo provare a sfruttare le mie abilità per fare qualcosa di buono per la collettività».

È stato impressionato dall’interesse creato dalla sua pedalata?

«Un po’ sì, specie per il grande supporto ricevuto. Abbiamo potuto contare sul patrocinio di istituzioni e Polizia di Stato, sul sostegno di tanti appassionati e sul contributo di quaranta sponsor, senza dimenticare il ruolo chiave ricoperto dal Lions club di Busca. Pensi che addirittura i fiori che ci sono stati consegnati all’arrivo sono stati offerti dal fioraio».

L’immagine più bella che si porterà dietro?
«La festa lassù, insieme a duecento persone festanti e, soprattutto, insieme ai ragazzi dell’associazione. Per loro il “lockdown” è stato ancora più duro che per molti altri e rivedersi in cima al Fauniera per una giornata del genere li ha davvero stimolati a ripartire».

Ha in programma altre iniziative di questo tipo?

«Il 2020 per me è stato quello della pedalata al contrario. Di certo, non prenderò parte a gare agonistiche. Per quanto riguarda l’aspetto solidale, sicuramente qualcosa di nuovo ci sarà. La scalata del Fauniera era perfetta anche per ciò che si portava dietro, ma insieme al gruppo eccezionale che si è creato attorno a me cercherò di trovare qualche nuova impresa da compiere, sempre con finalità benefiche. Siamo venti e tutti entusiasti, oltre al fondamentale sostegno degli sponsor che ci hanno già detto che ci saranno se tornerò a contattarli per iniziative simili. Ovviamente, poi, chiunque volesse darci una mano in ogni forma è il benvenuto».

Intanto la raccolta fondi per “Amico sport” non è finita…
«Consegneremo simbolicamente l’assegno all’associazione il 13 dicembre. Fino a quella data è possibile donare. Farlo fa stare davvero bene!».