«Il sistema Langhe saprà reggere il colpo del Covid»

Barisoni: «Economia diversificata, la risposta migliore» Alba vista dall’osservatorio di Radio24: «Arriveranno meno turisti dalla Svizzera per il tartufo, ma qui ci sono tante eccellenze. Il Governo deve scrivere subito un “recovery plan” dettagliato e non generico indicando le priorità»

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Da una parte l’evolversi dei contagi, le cifre che ogni giorno contribuiscono ad aumentare confusamente la preoccupazione generale. Dall’altra, le conseguenze dirette e indirette sull’economia. Il virus è al tempo stesso un problema sanitario e sistemico, nel senso che sta mettendo a rischio l’attuale modello di sviluppo. Gli analisti provano a capire che cosa sta per accadere sui due fronti.

Sebastiano Barisoni, qual è lo stato di salute della nostra società alla luce dei segnali che indicano una maggiore circolazione dell’epidemia da Covid?

«Tutto è in continua evoluzione e se partiamo proprio dal territorio di Alba e dalle Langhe, pensiamo per esempio alla stagione del tartufo che è appena partita. In questo senso un ruolo molto importante lo svolgono da sempre gli stranieri. Da Svizzera, Francia e Austria si registrano ogni anno un certo numero di ingressi per questo motivo. Quello che si è sviluppato nel territorio piemontese e albese in particolare, è un turismo di prossimità. Ma ora sembra che i contagi siano in aumento proprio a cominciare dai cantoni svizzeri. E allora questo comporterà l’applicazione di misure cautelative come la quarantena? A­vrebbe certamente conseguenze dirette. Difficile pensare che il solo turismo degli italiani possa compensare le perdite che la mancata presenza degli stranieri farà registrare. I turisti italiani hanno attualmente un budget molto più limitato».

Gli operatori del mondo del tartufo devono quindi temere ripercussioni?
«È ancora presto per dirlo, in ogni caso non sarà un problema assoluto per il circuito virtuoso delle Langhe. Si tratta infatti di un ecosistema molto diversificato (questa è la sua arma vincente) che saprà reggere il colpo».

Si riferisce alle tante attività legate al territorio?
«Sì, lo sappiamo: sono zone che non vivono solo di turismo ed enogastronomia, ma hanno molti assi nella manica. Ad esempio il settore manifatturiero. Comunque bisognerà valutare passo dopo passo. Certo, l’esempio di quanto accaduto in estate alla Sardegna è sotto gli occhi di tutti. Il Covid ha colpito duramente quell’economia legata quasi interamente a un certo tipo di turismo. Difficile trovare vie d’uscita».

Ora chi rischia maggiormente?
«Gli organizzatori di eventi, chi si occupa di matrimoni e delle attività collegate, i servizi di catering. Anche il fashion risentirà negativamente delle conseguenze dovute alle re­strizioni anti-Covid. I servizi dovranno fare i conti, in Francia e Spagna, con le chiusure anticipate. Il turismo come detto, con le possibili quarantene».

Lei ha sottolineato le ombre relative ai bandi avviati in ritardo dal Governo per l’apertura di nuove terapie intensive.

«Non si capisce bene che cosa sia accaduto e quali responsabilità siano da attribuire al commissario per l’emergenza Arcuri o alle regioni. A maggio era stato stanziato un maxi-fondo da un miliardo per la terapia intensiva, ma dopo cinque mesi mancavano ancora le gare d’appalto. Ora pare che sia stato tutto risolto, anche se sarebbero 1500 i posti effettivamente disponibili. Non so quanto sia un dato rassicurante, considerando anche i soli 390 letti per il sud del paese. Ora è importante velocizzare, il Governo deve fare la sua parte e le regioni devono sapere come muoversi con tutti i servizi utili a regime, a cominciare dai numeri verdi che devono essere efficienti e funzionali».

Altra questione da lei evidenziata da tempo: i numeri della Cina sono credibili?

«Personalmente, non penso. Ricordate i 18 mila contagi dichiarati all’inizio della pandemia? Tra questo dato e quello dei 20 mila al giorno c’è evidentemente troppa differenza. Ma se continuano a non essere disponibili i dati reali su quanto accaduto in Cina, non sarà mai possibile completare un’analisi finalmente dettagliata sul virus e sulla pandemia».

L’Italia in questo momento, nonostante tutto, sembra poter gestire una situazione maggiormente sotto controllo rispetto ad altri paesi.

«Se anche “Le Figaro” ha dovuto riconoscere questo dato, significa che effettivamente le cose vanno meglio da noi che altrove. Non siamo più gli osservati speciali. Questo è accaduto grazie al senso di responsabilità dimostrato dalle persone, i numeri lo dicono chiaramente».

Cosa dovrebbe fare in concreto il Governo da adesso in avanti?

«Per prima cosa dovrebbe scrivere un “recovery plan” molto dettagliato, non generico, indicando precisamente le priorità su cui puntare: infrastrutture, digitale, strade e sanità. Le cose che sappiamo tutti. È il momento delle scelte».