Probabilmente tra tutti i giurati di “Ballando con le stelle”, Guillermo Mariotto è quello che si trova maggiormente a proprio agio nel ruolo. Lo ha spiegato lui stesso: «Dopo quindici anni non mi sono ancora stancato, anzi. Il fatto è che mi diverto tantissimo e ho la possibilità di esercitare la mia naturale propensione alla critica». La capacità di valutare una prova di danza deriva, appunto, dal suo senso estetico sviluppato grazie alla sua attività di stilista, l’arguzia invece è innata, così come il gusto per il sarcasmo, per il commento spietato. Ma al tempo stesso anche la facile tentazione per gli innamoramenti improvvisi e incondizionati. Il sottile e inconfessabile piacere per lo scontro dialettico, la battaglia verbale che puntualmente ritorna quasi a ogni serata dello show, sono i dettagli che fanno parte del gioco.
Mariotto però si è talmente calato nella parte che sembra difficile immaginarlo con un altro ruolo. Lui è il giudice di “Ballando”, quello che alza la paletta esibendo il voto da assegnare alla coppia esaminata quasi con sprezzo del pericolo, accompagnato dall’ormai inconfondibile voce fuori campo “british”. Un “must”, un tutt’uno con Mariotto. Che se non altro sorride sempre quando esprime il suo voto.
Perché mentre Selvaggia Lucarelli porta sempre il confronto ai limiti (o anche oltre), se Ivan Zazzaroni resta imprevedibile e un po’ stralunato, Mariotto ha sempre un approccio semplice, immediato, istintivo e lineare. Probabilmente è questo il segreto della sua longeva collaborazione con il programma.
E dire che il personaggio è sempre stato riservato, poco incline a raccontarsi pubblicamente. Ha tenuto da parte la sua vita privata, se non i pochi accenni alla sua origine venezuelana (è nato a Caracas il 13 aprile 1966). Ha raccontato di sua madre, definendola eroina perché capace di portare avanti tre gravidanze e poi di occuparsi dei bambini arrivando intanto a laurearsi in odontoiatria. «Mio padre era avvocato e molto geloso di mamma. La gelosia però non è altro che una brutta malattia. Mio padre era anche molto severo e se sono diventato così, se me ne sono andato per conoscere il mondo, lo devo a lui e al suo modo di essere. Alla fine lo ringrazio per questo, anche se è stato duro con me». Quando lascia la casa dei suoi, Guillermo ha un obiettivo ben chiaro: studiare il mondo della moda e dell’arte. Lo farà alla “California college of arts and craft” di San Francisco. Ricorda lo stilista: «Me ne andai a 16 anni e trovai una città del divertimento. Anni d’oro, non c’era neanche l’Aids». Non ha mai fatto mistero della sua omosessualità, nelle interviste, ma al tempo stesso non ha mai dato adito a polemiche. Non ha mai prestato il fianco a interpretazioni malevole. Guillermo comunque, per questi motivi, è amato e odiato, divide il pubblico. Ma il suo successo sta proprio in questo, nella sua popolarità serena. E non è un’impresa da poco se si considera che non si ricordano esempi di stilisti passati al mondo della televisione in pianta così stabile.
In Italia si è affermato professionalmente grazie all’incontro con Raniero Gattinoni che nel 1988 gli affida la realizzazione di capi unici all’interno della sua “maison”. Lui produce creazioni molto apprezzate, dove esprime la sfera emotiva e spirituale con abiti originali. «In Italia rispetto agli Usa mi sembrava di essere stato sbalzato nel Medioevo, ma l’amore per l’arte mi convinse a non andarmene più». E quando Gattinoni muore nel 1994, assume la direzione creativa della casa di moda. Dal 2005 debutta a “Ballando con le stelle” nel suo ruolo di giudice, che diventa poi fisso.
Un particolare che ha fatto trapelare dalla sua privacy riguarda la sua forte fede religiosa, un percorso che lo ha sempre accompagnato in tutta la sua movimentata esperienza di vita. Con un episodio professionale significativo: quando ha realizzato i paramenti sacri per il Papa Benedetto XVI, nel giugno 2007, in occasione della visita del Pontefice ad Assisi.