Nuovo DPCM, la palestra CNT Crossfit di Cuneo: “Perchè puntare il dito? Non siamo untori!”

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Tra le realtà di cui, da settimane, si è molto parlato, fino alla drastica decisione presa dal Governo all’interno dell’ultimo Dpcm, di chiuderle fino a fine novembre, c’è sicuramente quella delle palestre, a cui è stato imposto un nuovo stop per evitare il rischio di nuovi assembramenti, così come bar e ristoranti.

Ideawebtv.it ha raggiunto Luca Rabbia, Head Coach della palestra CNT Crossfit di Madonna dell’Olmo, nel cuneese, per far conoscere più da vicino lo stato d’animo di tutti gli operatori costretti, di fatto, ad un nuovo “lockdown lavorativo”, dopo quello avvenuto in primavera.

Luca, partiamo dalla conseguenza più “diretta” di questo nuovo stop. A quali danni vanno incontro realtà come la vostra?

“La nostra associazione vive di tessere associative e quote di partecipazione, che in questo mese ovviamente caleranno. Sicuramente, però, abbiamo avuto un danno morale, oltre che economico. Ci ferisce, infatti, riconoscere che ancora una volta il governo non sia riuscito a concepire la nostra attività come attività essenziale per la vita degli individui, vedendola invece come un surplus di cui si può fare a meno. Ci è sembrato un puntare il dito generalizzato senza una ragione precisa”.

Più nel concreto, quali sono i danni finanziari di un secondo stop delle attività?

“La nostra situazione è facilmente riassumibile: la mancanza degli abbonamenti farà da contraltare alla costante presenza di costi fissi, come affitti, pagamento dei collaboratori che comunque continuano a necessitare di rimborsi, e altre spese, che sono davvero tante. A queste, già presenti nel primo lockdown in cui abbiamo contato ogni singolo giorno dei 75 di chiusura forzata, se ne aggiunge però un’altra. Dalla tarda primavera, infatti, ci è stato permesso di aprire seguendo delle regole precisissime, a cui ci siamo adeguati non con pochi costi, anticipando spese che in realtà erano previste per il bilancio 2021 per riorganizzare il nostro lavoro. Ora, ci costringono a chiudere, senza un’evidenza scientifica che le palestre siano vero focolaio di Coronavirus e, di conseguenza, ci colpiscono una seconda volta”.

Ma la domanda sorge spontanea: sono davvero un pericolo le palestre?

“Faccio una premessa: credo che indicare un luogo o una tipologia di attività come pericolosi sia sbagliato a prescindere, perchè dipende da come ci si comporta in ogni situazione della vita. Ci sono, però, luoghi e attività dove è statisticamente provato che è più facile creare assembramenti e quindi rischiare contagi. Per quanto mi riguarda, però, non è il caso della nostra e molte altre palestre, dove vengono ospitate 16 persone in 450 metri quadrati. Gli stessi medici dell’Asl ci hanno fatto i complimenti per come abbiamo organizzato gli spazi. Ci è sembrata davvero una mazzata generalizzata. Non siamo untori!”.

Vi siete fatti un’idea del perchè si sia puntato il dito, quindi?

“Abbiamo abbozzato tre ipotesi. In primis, perchè il Governo una decisione doveva prenderla, e quando ti trovi in questa condizione finisci per generalizzare, facendo coincidere realtà come la nostra con le classiche sale pesi, dove effettivamente è più difficile gestire i distanziamenti. In secondo luogo, perchè a livello di attività motoria il nostro paese è molto in ritardo: viene concepita come un passatempo e non come un settore che, se sviluppato, può contribuire alla salute di tutti gli italiani, con conseguenze significative anche a livello sanitario. Infine, perchè probabilmente i regimi fiscali agevolati di cui godono le associazioni e la poca tutela degli operatori rendono facile la caduta nel vuoto delle richieste che usciranno da questo settore a causa del nuovo stop”.

Insomma, una scelta totalmente insensata…

“Noi non siamo critici, vogliamo solo fare chiarezza. Detto questo, c’è, ovviamente, un discorso più razionale legato agli elementi di contorno e che capiamo benissimo: la palestra è un’occasione di contatto ed assembramento, proprio come i bar e i ristoranti, perchè gli atleti si fermano spesso a parlare prima e dopo. In questo senso, quindi, capiamo la volontà di limitare queste occasioni di aggregazione. Noi di CNT Crossfit, non a caso, non stiamo cercando dei modi per “aggirare” la norma e fare attività individuale all’aperto, proprio perchè capiamo la logica che ha portato il Governo a prendere questa decisione”.

Ora, non resta che pensare al domani. Cosa può fare il Governo per darvi una mano?

“Sicuramente, stanziare immediati aiuti economici per le associazioni, ma anche indennità per i lavoratori che sono costretti a stare a casa senza lavoro. Quando tutto sarà poi passato, sarà importante riprendere in mano la riforma del settore dello sport, per garantire dignità giuridica agli operatori del nostro mondo, che da troppo tempo sono considerati lavoratori di serie B”.

Da che cosa ripartirete?

“Da chi ci ha dato un mano. Ringraziamo, in questo senso, i nostri associati, che ci stanno sostenendo a livello economico, e la Federazione Pesistica Italiana, le cui iniziative, già nel primo lockdown, ci hanno permesso di ripartire e siamo certi che ci saranno nuovamente”.