La diversità sta negli occhi di chi guarda e di coloro i quali si mettono nella posizione di voler giudicare. Non esiste un criterio che stabilisca cosa distingue il normale dall’anormale, ma solo punti di vista che possono essere condivisi o meno. È proprio in questa ottica che opera l’associazione saviglianese Ashas, la quale da molti anni si prende cura di quelle persone speciali, aiutandole e sostenendole nel loro percorso di vita.
A dare vita al sodalizio saviglianese sono stati Piero Berardo, Giovanni Bosio, Angela Chiaramello, Stefano Fogliacco, Maria Forneris, Corrado Galletto, Adele Malvezzi, Bartolomeo Manassero, Giovanni Marenda, Giacomo Masse’, Elsa Rabbia, Lucia Saglietti, Matteo Soldano e Maddalena Vaira.
«L’intento è stato quello di realizzare uno sportello di ascolto volto a fornire informazioni/assistenza e offrire vicinanza emotiva alle persone che quotidianamente si confrontano con questa problematica, che non deve essere sottovalutata», spiega il presidente Piero Berardo, prima di rispondere alle domande della Rivista IDEA.
Di cosa si occupa il sodalizio?
«L’associazione nasce dall’idea di genitori e persone sensibili al tema dell’handicap con la finalità di dare risposte concrete e supporto alle persone con disabilità e ai loro familiari. Con questo intento negli anni ’90 è nato il Centro incontro che oggi è un luogo dove un gruppo di ragazzi con disabilità eterogenee, supportate da personale qualificato, nei giorni da martedì al venerdì, svolge attività varie attività di carattere ricreativo, supporti espressivo e riabilitativo».
Quanti ragazzi frequentano il centro al momento?
«Al momento il numero di frequentatori è esiguo, per via dalle misure restrittive che impongono un massimo di 8 ragazzi. In condizioni normali il nostro centro è frequentato da 15-20 utenti al giorno».
Quali sono le attività che normalmente occupano le giornate dei ragazzi?
«Offriamo ai ragazzi veramente moltissime attività come: piscina, teatro, arte-terapia, musicoterapia, calcetto, ginnastica, laboratorio di cucina, laboratorio di cucito, laboratorio di smontaggio computer, laboratorio di bricolage, gruppo spesa e infine attività nelle scuole. Anche le attività proposte, ovviamente hanno subito delle modifiche. Tutte le attività esterne, purtroppo, non possono più essere svolte».
Come vi siete adattati durante i periodi di “lockdown”?
«Da fine febbraio a tutto agosto il centro incontro è rimasto chiuso, ma grazie alla tecnologia siamo riusciti a mantenere alcuni laboratori quali cucina e ginnastica, con l’intento di mantenere i legami e stimolare le relazioni. L’aspetto più importante e difficoltoso è stato sicuramente nella sfera relazionale: gli operatori da febbraio indossano la mascherina durante tutto il turno, quindi da allora è come se sorrisi e abbracci e tutto il non verbale fosse sparito».
I ragazzi come vivono questo momento di emergenza sanitaria? Hanno paura o sono sereni?
«Tutti stiamo convivendo con questa privazione; per loro è stato particolarmente difficile, ma per fortuna gli operatori sono stati bravi nel trovare un nuovo canale per convogliare le emozioni: l’arte. Da febbraio è iniziato un laboratorio nel quale i ragazzi e gli operatori insieme creano dei bellissimi manufatti (scatole in legno decorate, quadri e suppellettili di vario genere). Il coronavirus per ora viene visto come qualcosa lontano, di cui parlano i giornali. Per fortuna non ha toccato nessuno caro degli utenti quindi per loro rimuovere la questione diventa semplice».
Un consiglio a chi si relaziona con un ragazzo “speciale”?
«Per relazionarsi con una persona disabile credo serva innanzitutto un’autentica voglia di conoscere, che è poi la base per qualsiasi relazione».
Quanti educatori sono presenti in associazione?
«La nostra équipe è composta da un educatore, cinque oss; un’impiegata, una psicologa psicoterapeuta. L’istituzione di un gruppo multidisciplinare è volto al tentativo di prendere in carico la persona disabile nella sua totalità».
Tra i vostri progetti c’è “Casa mia”. Ce lo illustra?
«Nel 2006 è nato il gruppo appartamento “Casa Mia” volto a ospitare alcuni utenti con disabilità. Durante l’intera giornata sono affiancati da operatori socio sanitari qualificati che li supportano, senza sostituirsi, nelle attività quotidiane. Il progetto ha preso vita per rispondere al bisogno di autonomia di alcune persone disabili ed alle esigenze di alcuni genitori, e ad oggi la casa ospita 5 ragazzi, che sono sotto continua sorveglianza di un educatore ventiquattr’ore al giorno».
Avete qualche iniziativa in vista del Natale?
«Si, quest’anno i ragazzi hanno creato dei bigliettini di auguri che la Pasticceria Luciano di Barge utilizza a corredo dei propri dolci natalizi. Sopra a ogni panettone o pandoro venduto, ci sarà il nostro biglietto di auguri. Per ogni confezione acquistata ben tre euro saranno destinati alla nostra associazione».