«La nostra Italia vista dal finestrino»

Nel libro del sindaco di Verduno Marta Giovannini le emozioni scaturite dai viaggi compiuti nel Belpaese

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Più che un’ossessione il suo tendere alla «bellezza» e al­l’«ar­monia» è un modo di essere, un’attitudine, una sorta di istinto, che la spinge, in qualunque contesto, a cercare di rendere più belle le cose che la circondano. Lo fa in famiglia, lo fa nella sua attività di avvocato, ma lo fa anche quando indossa la fa­scia tricolore di sindaco di Verduno. Emerge, in maniera chiara, pure dal libro che lei, Marta Gio­vannini, ha dato di recente alle stampe: “L’Italia dal finestrino”.

Giovannini, nei suoi racconti descrive “trasferte” ed esperienze di vita attraverso l’Italia intera, alla scoperta del “bello”. Dove si trova il “bello”?
«Nel nostro Paese è ovunque. Nei paesaggi, in cucina, nell’arte, nella storia e nelle storie, nei borghi, nelle città e, senza dubbio, nelle persone».

E in tutte queste “cose” lei cerca il “bello”?
«È una mia caratteristica: da sempre, cerco ovunque il “bello”. Sa perché?».

Dica…
«Vedere e godere di cose “belle” arricchisce, sempre. Ma il massimo è quando, ricorrendo al “bello” e all’“armonia”, si riesce a rendere migliore qualcosa, qualcuno o sé stessi».

È la sua famiglia che le ha trasmesso questo modo di essere?

«Soprattutto negli ultimi anni, mi sono resa conto di quanti ricordi ed emozioni mi abbiano lasciato i viaggi compiuti da bambina, soprattutto con i nonni, e anche quelli organizzati per scoprire le origini della mia famiglia. Sa, sono infatti “figlia” di tan­te re­gio­ni, non solo del Pie­monte: mia nonna pa­terna era di Ge­nova e suo marito era del Lazio; mia bisnonna era to­scana e aveva la madre umbra. Per questo, sono affezionata al­l’Italia nel suo complesso».

Cos’avevano di particolare quei viaggi?

«Erano delle esperienze che mi consentivano di scoprire “bellezze” uniche e provare per la prima volta determinate emozioni. Erano “attimi” di una fa­miglia che si “muoveva” per scoprire il Paese, attraverso la condivisione, come a tavola».

Questo no­no­stante i suoi genito­ri si fos­sero separati…

«Nel libro emerge solo sullo sfondo, ma è un’esperienza che ha influenzato la mia vita, a partire dalla scelta di iscrivermi a giurisprudenza e fino alla decisione di lavorare come avvocato specializzato nell’ambito del diritto familiare».

Cos’ha scoperto in quei viaggi, oltre al “bello”?
«Un Paese estremamente eterogeneo, in ogni ambito. Queste peculiarità so­no una risorsa, a patto che non si tramutino in “particolarismi” e in “campanilismi” esasperati. In questo senso, si è fatto molto, di positivo, negli ultimi anni. Penso so­prattutto al settore enogastronomico, in cui le differenze sono state trasformate in grandi opportunità di promozione».

Anche i piccoli comuni, come Verduno che lei guida, fanno parte del “bello” del Paese?
«Assolutamente sì (e, infatti, a Verduno ha dedicato un capitolo, nda), perché sono espressione di una dimensione umana che rischia di scomparire. Abitare in una piccola comunità cittadina è come vivere in una famiglia “allargata”, in cui si è co­munque umanamente “vicini” (nonostante il distanziamento sociale). Un aspetto che contribuisce ad accrescere la qualità di vita percepita».

Cosa manca ai piccoli borghi?

«Qualche comodità e qualche servizio, su tutti il collegamento a Internet a banda larga, peraltro promesso dallo Stato. Ma attenzione a non replicare quei modelli cittadini che hanno annullato la dimensione uma­na. Sarebbe sicuramente una grossa sconfitta».

Traspare il suo desiderio di impegnarsi per l’intero Paese. È così?

«È gratificante per me cercare di migliorare la qualità di vita dei miei concittadini. In parallelo, anche come vicepresidente italiano Anci, lavoro su tematiche di in­teresse nazionale. Del resto, ho sempre amato osservare l’Ita­l­ia… dal finestrino».