Gentile direttore,
in questi giorni il Ministro dell’Interno Lamorgese ha annunciato che sulla carta d’identità per i minori di 14 anni o sui moduli di iscrizione a scuola dei bambini verranno cancellati i nomi “madre” e “padre” per tornare agli anonimi “genitore 1” e “genitore 2”. Una decisione, è stato spiegato, imposta dal regolamento Ue e dalle richieste del garante per la privacy.
Un passo, ritengo l’ennesimo, nei confronti di quella “cancel culture” che non si limita a cancellare i grandi del passato, ma pretende di entrare all’interno della sfera intimistica dell’umano. La famiglia finisce in coda, prendi il numeretto e ti metti in fila. Magari sarà previsto anche un genitore 3, 4, e così via o i genitori decimali, dopo la virgola. Non importa il sesso e l’effettivo rapporto col minore, basta avere i numeri.
L’abolizione di padre e madre, ridotti a genere neutro, nasce dalla “delicatezza” di non offendere le unioni gay, ma è la prova, anche semantica, che il danno di cui ci preoccupiamo noi fanatici non è la legittimazione delle unioni gay, ma l’abolizione della civiltà fondata sul padre e sulla madre.
Per quanto riguarda i nuclei “arcobaleno”, perché parole come “madre” e “padre” che vanno al cuore dell’identità e dell’umanità di ciascuno, al di là degli orientamenti sessuali, dovrebbero risultare problematiche e imbarazzanti? Difficile, se non impossibile, concretizzare un desiderio di genitorialità senza esprimerlo attraverso codici affettivi, educativi, spirituali che rimandano alla maternità o alla paternità.
Una “via mediana” è antropologicamente impercorribile. Dal punto di vista giuridico il quadro, anche per le coppie omosessuali, è abbastanza chiaro. Può esistere un genitore biologico, che la legge naturalmente riconosce. E un altro genitore, padre o madre, che può diventare tale solo in forza dell’articolo 44 dell’attuale legge “184” del 1983, la cosiddetta adozione in casi speciali. E, finché il legislatore non deciderà se e come intervenire sulla questione la questione sembra essere chiara.
“Onora il padre e la madre” costituisce, per i cristiani, il quarto comandamento. In lingua ebraica “onorare” si dice “kappod” che significa essere pesante: il quarto comandamento dice perciò di “dare peso” alla madre e al padre, di riconoscerli come importanti, rendere loro ciò a cui hanno diritto e attribuire il posto che spetta loro nella vita della famiglia.
I valori e le tradizioni occidentali ci guidano verso una presa di posizione in tal senso: è necessario dire no a “genitore 1” e “genitore 2”. Difendiamo i nostri nomi perché non siamo codici.
Paolo Radosta