I dati sulla produzione della scorsa estate sono un indicatore importante perché raccontano le capacità di ripresa di un territorio dopo la drammatica chiusura imposta dalla prima ondata del coronavirus. Come ricorda il segretario provinciale della Cgil Davide Masera, nella parentesi estiva, la produzione industriale cuneese ha fatto registrare un incoraggiante 2,7% a cui si legano il più 3,9% di ordinativi, il più 3,8% di fatturato e il più 3,3% sul fatturato estero. Sono numeri non banali se si considera che tutto il resto della regione nello stesso periodo ha faticato molto e, in alcuni casi, come il Biellese (maglia nera con un meno 14,1%), ha riportato gravi perdite. Una Cuneo, dunque, che risulta essere l’unica provincia piemontese con solide possibilità di recupero nel breve periodo. Attenzione, però, all’analisi scorporata dei dati: la crescita è stata trainata principalmente dalle industrie manifatturiere, che arrivano a un notevole più 4,3%, e dall’agroalimentare (più 1,6%). Ben altri numeri sono arrivati, ovviamente, dal mondo del turismo e del commercio, su cui si sono abbattute con più forza le conseguenze delle limitazioni alla mobilità. L’altro elemento sottolineato dal segretario della Cgil cuneese riguarda la frattura tra le dimensioni delle imprese in crescita, con quelle più grosse in netto vantaggio sulle piccole, rimaste in piedi spesso solo grazie ai rapporti commerciali intrattenuti proprio con i grandi mondi imprenditoriali. Sono numeri, naturalmente, che andranno valutati nuovamente sul lungo periodo ma che fin da ora possono servire come campanello d’allarme per mettere in luce, quando la crisi sanitaria sarà risolta, i possibili futuri elementi di difficoltà e per indicare la via di un rinnovamento per tutto il mondo del lavoro cuneese.
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