«Una doccia fredda che nessuno si aspettava» Commenta così il presidente dell’Atl del Cuneese Mauro Bernardi la notizia resa nota nella serata di domenica 14 febbraio, dal Governo: le stazioni sciistiche non riaprono. Una cronistoria, quella delle ultime settimane, che ha dell’incredibile. Un’illusione che lascia veramente l’amaro in bocca.
«Siamo tutti consapevoli della gravità della situazione pandemica, alla quale si sta però associando una sempre più consistente crisi economica che sta sgretolando l’imprenditoria del settore, ma non solo. Lo sci non deve, in questo momento, essere associato ad un mero concetto di divertimento, ma ad una questione di lavoro e di vita. Ricordiamo che l’indotto del comparto neve, nella sola provincia di Cuneo, ruota sui 200 milioni di euro: il che significa creazione di posti di lavoro, dignità e futuro. I dati dello studio “Osservatorio sul turismo della provincia di Cuneo”, condotto alcuni anni fa dalla Camera di Commercio di Cuneo, evidenziano che se la quota più rilevante dei consumi turistici appartiene al settore “alberghi e pubblici esercizi” con il 38,4%, e occorre sottolineare come una quota significativa sia relativa alle “attività ricreative, culturali e di intrattenimanto” (18,8%) in cui sono compresi i consumi legati alle attività sportive e quindi quelli correlati agli impianti, ai noleggi, alle scuole oltre alle altre attività culturali e “leisure”. Pertanto, se complessivamente i consumi puramente turistici e quelli sportivi costituiscono circa il 57% dei consumi sul territorio, ben il 43% dei consumi turistici per gli sport invernali si riversano sugli altri settori produttivi come l’agroalimentare (13,5%), l’abbigliamento e le calzature (12,3%), solo per citarne alcuni. L’indagine diretta, svolta presso la domanda del turismo bianco, ha preso in considerazione le maggiori stazioni sciistiche della provincia di Cuneo. Pertanto, per valutare l’indotto complessivo, le informazioni so-no state elaborate riportandole all’universo dei turisti dei comuni montani. Il giro d’affari complessivo del turismo bianco in provincia si distribuisce per il 32,9% nelle località sciistiche, per il 48,8% nei comuni di soggiorno dei turisti e ben il 18,3% negli altri comuni della provincia. Lo sci alpino è l’attività sportiva che conduce maggior indotto negli altri comuni (14,4% dei consumi)».
«Alla luce di questi dati», rimarca ancora Bernardi, «non si può pensare che le stazioni sciistiche, così come i ristoranti, le baite in quota, le strutture ricettive e i servizi dell’indotto possano aprire o chiudere dall’oggi al domani. Servono investimenti, che gli imprenditori cuneesi hanno affrontato in questi giorni: dalla battitura delle piste all’acquisto dei dispositivi per la sicurezza, dalla contrattualizzazione del personale ordinario a quella del personale straordinario per il controllo dei contingentamenti. Non si pensa alle derrate alimentari acquistate dagli esercizi di somministrazione? Si tratta per lo più di prodotti freschi di qualità, deperibili, che andranno al macero. L’opinione pubblica sa quanto sia grave il problema degli sprechi alimentari, ma oggi, anche questo aspetto, passa in second’ordine, a scapito degli investimenti affrontati dai ristoratori che da mesi vivono nella più totale incertezza».
«Abbiamo assistito», continua Bernardi «al paradosso della Regione Campania che è divenuta regione gialla con passaggio diretto dal colore rosso; abbiamo visto stabilimenti balneari aprire per tutto il periodo estivo con assembramenti rischiosi per la salute di tutti noi italiani. Ma le stazioni sciistiche, con numeri contingentati e nel rispetto delle regole, non possono aprire. E la data del 5 marzo suona come una beffa: chiunque conosca un minimo la montagna ben sa che, con il mese di marzo, la stagione sciistica si chiude per sua natura. Non servono altre parole».
«La crisi, o meglio le crisi, sanitaria ed economica, vanno ora gestite nel loro insieme», conclude Bernardi a nome anche del Consiglio di Amministrazione dell’ATL del Cuneese.
«Non possiamo permettere al settore del turismo montano di pagare il prezzo più alto. Rischiamo, altrimenti, di non intravedere più la luce in fondo al tunnel e di minare le basi della nostra intera economia. Come Ente del Turismo esprimiamo la nostra totale solidarietà agli imprenditori e ai lavoratori colpiti dell’intempestività di questo ultimo provvedimento. La montagna esige rispetto. La montagna merita rispetto».
«La montagna esige e merita il massimo rispetto»
Bernardi: «lo sci non è solo divertimento, bensì lavoro e vita per molti operatori»