«Ho messo a nudo le mie interlocutrici»

A tu per tu con Elia Carsen, autore di “Io, specchio dei tuoi occhi malati”

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Elia Carsen, autore di “Io, specchio dei tuoi occhi malati” è lo pseudonimo dietro di cui si cela Roberto Calvo.
Perché la scelta di utilizzare uno pseudonimo?
«Nella mia veste istituzionale di professore universitario ho pubblicato molto. Sicché, ho preferito non confondere i ruoli proponendomi ora con un nome di fantasia, anche per evitare di condizionare sotto svariati profili i potenziali lettori».
Il titolo è accattivante. Qual è il filo conduttore del libro?
«Il lavoro si struttura essenzialmente in dialoghi con sei don­ne le quali, con variabile intensità, sono entrate nella mia vita sentimentale ed esperienziale . Tramite tale dialogare cerco di compenetrare la loro sfera intima, spogliandole (per quanto possibile) delle loro “sovrastrutture mentali” ritagliate su misura per dissimulare il proprio vero Io».
Del suo libro mi ha sorpreso positivamente l’originalità del lavoro e la capacità d’indagare l’universo femminile in modo acuto e a volte cinico. Concorda nel definire il libro come un crocevia tra l’erotismo soft e il viaggio nei meandri più nascosti della psiche delle donne?
«Credo che lei abbia colto nel segno. In quest’ordine d’idee l’Eros ha senza dubbio un ruolo centrale: ma a ben vedere l’indagine intimistica non è fine a se stessa, essendo proiettata a svelare la personalità occultata delle mie interlocutrici. In­tendo alludere alla personalità che emerge impetuosa in certi istanti, per poi essere di lì a poco imprigionata nei reticoli più oscuri della psiche».
Ecco che affiora il motivo dello “specchio”, pe­raltro rappresentato nel dipinto che appare sulla copertina…
«Sì, lo specchio è grossomodo una metafora tramite la quale l’immagine riflessa non corrisponde a quella in esso proiettata. Il gioco è appunto mirato da un lato a disvelare il nostro vero Io e dall’altro a vederci per quel che effettivamente siamo, lontano da ogni mistificazione o illusione caleidoscopica. Di lì il nesso dello specchio con le maschere pirandelliane, che nascondono i veri tratti identificativi delle personalità umane. Ho provato così a levare alle mie interlocutrici il velo di Maya che impedisce loro di conoscere la reale connotazione identificativa del­l’Essere».
Pensa che questa esperienza editoriale sarà replicata?
«Emotivamente risponderei di sì. È divertente leggere se stessi tramite la scrittura. Ma preferisco essere cauto e vedere co­me questo libro sarà accolto».
Una curiosità: le sue interlocutrici sono al corrente del libro?
«Alcune sì, anche se ho usato dei nomi di fantasia».
E come hanno reagito?
«Hanno apprezzato la mia inclinazione a descrivere i tratti più riposti e sensibili della loro sfaccettata sfera intimistica con freddezza e distacco emotivo. Forse il libro mi è servito per accertare la mia anaffettività!»

Articolo a cura di Carlà Tomatis