Tra gli osservatori privilegiati della storia e dello sviluppo di Langhe e Roero c’è Gazzetta d’Alba, settimanale edito dal Gruppo Editoriale San Paolo che, come sottolinea il suo direttore, don Giusto Truglia, «parla, cristianamente, di tutto ciò che accade nel territorio, dal 1882». Dunque, quasi un secolo e mezzo di servizio alle comunità locali, reso attraverso un’attività giornalistica ispirata dai valori cattolici.
Giusto Truglia, si sente più “don” o “direttore”?
«I due “ruoli” non sono in conflitto. La missione di chi, come me, ha risposto alla vocazione paolina è proprio quella di annunciare il Vangelo attraverso i mezzi di comunicazione che la tecnologia mette a disposizione».
Con l’avvento delle nuove tecnologie è cambiato l’approccio?
«No. Se è vero che da quando, nel 1914, il beato Giacomo Alberione ha fondato la Società San Paolo le cose, in campo comunicativo, sono cambiate profondamente, è anche vero che noi Paolini siamo rimasti al passo con i tempi e abbiamo continuato ad agire da professionisti dell’informazione e dell’editoria, ponendoci comunque sempre al servizio del Vangelo».
Ciò come si riflette sulle pagine di Gazzetta d’Alba e delle altre testate del Gruppo?
«Mettere il Vangelo al centro dell’attività giornalistica non vuol dire parlare di “religione”, ma occuparsi di ogni argomento “cristianamente”. In altre parole, descriviamo e comunichiamo la realtà che ci circonda “leggendola” con gli occhi del Vangelo».
Cosa significa, in concreto, essere giornalisti cattolici?
«Il punto non è essere giornalisti cattolici o laici, bensì agire da buoni professionisti, con deontologia. Ciò significa non dire falsità, non imbrogliare chi ci legge o ascolta, evitare le polemiche gratuite ma, al contrario, ricercare sempre la verità, con obiettività e in maniera costruttiva».
Il giornalismo italiano, in generale, ricerca ancora la verità?
«Non voglio puntare il dito contro nessuno, ma è innegabile che il giornalismo italiano non stia attraversando un periodo particolarmente felice. Colpa anche dei nuovi canali di comunicazione che, come diceva Eco, riescono a trasformare semplici discorsi da “bar sport” in temi di “interesse” nazionale o, addirittura, mondiale».
Un problema acuito dall’emergenza sanitaria in corso…
«Sì, in alcuni dibattiti televisivi non c’è un adeguato filtro: vale tutto e il contrario di tutto. Oppure capita che i punti di vista riportati siano influenzati dalla politica o, comunque, da interessi di parte. Il risultato è un pubblico sempre più disorientato e diffidente verso il mondo dell’informazione».
Cosa fare per arginare questa deriva?
«Serve un cambio di passo per innalzare la professionalità e, di conseguenza, l’accuratezza delle notizie divulgate. E poi non bisogna scordare di mantenere “la schiena diritta”, con responsabilità».
Sono questi i princìpi che guidano Gazzetta d’Alba?
«Il nostro impegno è volto a fare emergere i pregi e gli aspetti positivi che riguardano la comunità di Langhe e Roero, ma anche i problemi, in modo tale da favorirne la risoluzione. In tale contesto, ci teniamo alla larga dalle volgarità e manteniamo un atteggiamento di apertura nei confronti delle opinioni di ciascuno».
Le tematiche più “sentite”?
«L’autostrada e i problemi della viabilità, la cura dei centri abitati e dell’ambiente, le questioni legate all’assistenza sanitaria e sociale, le difficoltà economiche conseguenti alla pandemia, le necessità del mondo dello sport e dei giovani. I temi, insomma, non mancano. Del resto, l’Albese vive una dimensione “glocal”: è cioè una realtà locale proiettata nel mondo. Grazie al tartufo e ai vini, all’operosità delle aziende e, permettetemi, alla nostra San Paolo che, fin da inizio Novecento, porta il nome di Alba in tutti i continenti».
Le prossime sfide del vostro settimanale?
«Sono quelle legate all’avvento dei nuovi media e, in particolare, la necessità di utilizzare un linguaggio comunicativo capace di intercettare le esigenze delle nuove generazioni; nuove generazioni che, per informarsi, prediligono gli strumenti digitali rispetto alle edizioni cartacee. Non è una sfida facile…».
Perché?
«C’è un problema di fondo, quello demografico. I giovani sono, di fatto, una minoranza e, per di più, come è normale che sia alla loro età, tendono a essere diffidenti nei confronti delle “istituzioni” e dei punti di riferimento “classici” del territorio, com’è sicuramente Gazzetta d’Alba».
Come cercate di ovviare a queste difficoltà?
«Proponiamo il nostro settimanale anche in formato digitale e, soprattutto, aggiorniamo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 il nostro sito Internet, che ha vissuto e sta vivendo una crescita esponenziale. In parallelo, anche in collaborazione con il Centro Culturale San Paolo, cerchiamo di coinvolgere maggiormente i giovani, tramite i canali social e iniziative “reali”, come gli approfondimenti dedicati alle singole scuole e momenti di dibattito incentrati sui temi più sentiti dai ragazzi e caratterizzati dalla presenza di personaggi di grande richiamo».
Chiudiamo con un aforisma, di cui, vista la sua produzione letteraria, è sicuramente un profondo conoscitore…
«Questa volta faccio il “prete prete”… (ride, nda) Nonostante i problemi, che in questo particolare momento storico sono tanti e pesanti, non smettiamo di cercare la parte “buona”, senza mai perdere fiducia o scoraggiarsi, e al contempo cerchiamo di essere meno egoisti e più solidali, in campo sociale, economico e ambientale. Il recente Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Iraq ci ispira».