Non lasciatevi sopraffare dal suo fascino che, inevitabilmente, vi colpirà. Non fate che il suo senso dell’umorismo vi conduca fuori strada. Però, al tempo stesso, lasciatevi sorprendere, fidatevi dell’istinto. Chiara Francini vi prende per mano e vi porta nel suo mondo. Vale la pena seguirla, perché i panorami sono tutt’altro che scontati. Raccontano di vita reale e di sentimenti autentici, tra l’amore che si può provare per quelle indescrivibili creature che sono i gatti e l’amicizia più vera che si può condividere sinceramente tra amiche. Con un filo sottile che lega tutto. In un caso, può nascere un libro o, magari, si può immaginare un film. Chiara Francini è tutto questo: attrice, scrittrice, intellettuale e anche donna immagine. La incroci su Instagram e pensi che sia semplicemente una “influencer” come tante, con la giusta bellezza e la capacità di ammaliare attraverso scorci suggestivi. Poi la scopri persona creativa, nelle sue diverse modalità. Che riesce anche a spiegare, in questa intervista in cui si rivela.
Chiara, la sua passione per la scrittura è arrivata prima o dopo quella per la recitazione?
«Quella per la scrittura è una passione che è sempre stata presente in me. Con il mio primo romanzo “Non parlare con la bocca piena” ci ho messo mano e l’ho fatta fiorire. È stata una delle gioie più grandi, uno dei passi più importanti che abbia fatto nella mia vita, perché mi ha permesso di esprimermi in maniera ancora più completa e totalizzante. Quindi mi sento molto fortunata, perché ho questa grande possibilità di parlare con uno strumento che mi permette di trovare l’affetto e il riscontro degli altri esseri umani, dei lettori, e non c’è niente di più bello. La scrittura è un dialogo vivo, fatto di carne, che in un periodo così difficile, ti offre la possibilità di non sentirti solo, ti fa capire come la vita sia in realtà questo: vivere insieme con gli altri e per gli altri».
Come descriverebbe in poche parole il suo rapporto con i gatti?
«Il mio è un rapporto d’amore puro, di complicità ed è un po’ come definire l’amore. È una magia che non può essere spiegata o teorizzata, come la… telegenia. Oppure come scrivere un libro, fare un film, scoprire un amore: non si sa quali caratteristiche fanno sì che queste esperienze riescano per il verso giusto. Ecco, è una corrispondenza d’amorosi sensi che ho toccato con mano molti anni fa e posso dire che la vita con i gatti non solo è bella, ma anche fonte di grandissima ispirazione».
A proposito, il periodo storico che stiamo vivendo porta ispirazione oppure inaridisce qualsiasi talento?
«È un periodo di profonda riflessione e di grande rivoluzione. E, necessariamente, anche di progresso nel senso che mai come in questo momento storico abbiamo compreso quanto la sopravvivenza e la vita di ognuno di noi siano così legate a quelle della comunità. Quindi, non ci si salva da soli, perché non siamo soli e la nostra vita, così come il nostro benessere, non può prescindere da quella degli altri. È un momento storico al quale non eravamo preparati ma ci è piombato addosso e dal quale io personalmente ho carpito questo: il fatto che dobbiamo concepirci come un unico individuo e tutto deve essere sano perché si possa star bene».
C’è ancora spazio, in questo contesto, per l’ironia?
«Sì, assolutamente. Una frase che mi piace ripetere spesso è quella di Dostoevskij, il quale diceva che la bellezza salverà il mondo. Io invece penso che l’ironia e l’autoironia possano salvare il mondo. L’ironia è quel balsamo che trasforma quelle che tu pensi essere brutture ed errori in ineliminabili possibilità di unicità. Nel senso che l’ironia è comprensione, è un abbraccio a se stessi, è comprendere appunto come noi stessi, come la vita, grazie a Dio, non si possa essere perfetti ma caratterizzati da quelle peculiarità che ci rendono unici e appunto, come diceva Pessoa, il perfetto è disumano perché l’umano è imperfetto».
“Addio al nubilato” è un film che rappresenta un pretesto per raccontare le donne oggi?
«È un film che ha avuto moltissimo successo, credo perché nel cuore abbia un sentimento di amicizia che per me è il sentimento d’amore supremo, perché è scevro da implicazioni parentali (non ti amo perché sei mio papà o mia mamma o mio fratello o mia sorella) ed è scevro da implicazioni sessuali (non ti amo perché sono attratto da te o perché faccio l’amore con te). L’amicizia è amore per amore, un amico si sceglie. E al centro di “Addio al nubilato” c’è l’amicizia al femminile, un sentimento d’amore ancora più screziato, più sfumato e quindi credo che uno dei motivi per cui sia tanto piaciuto il film è perché parlava di questo, soprattutto perché dal film permeava il fatto che tra noi ci fosse davvero questo autentico sentimento di amicizia. Sia per quanto riguarda la scrittura, sia per la recitazione, non c’è miglior punto di partenza della verità».
Quali prospettive immagina per tutti noi dopo il Covid?
«Mi aspetto che si sia imparato necessariamente qualcosa da questa tragedia che ci si è abbattuta addosso. L’essere umano in tanti, forse troppi, casi nel corso della storia ha dovuto confrontarsi con tali tragedie e ha dovuto imparare. Quindi tutto ciò che ci capita deve essere foriero di esperienza e, anche se ci può sembrare folle, ci deve arricchire, deve restituirci un altro tipo di consapevolezza, qualcosa che credo sia fondamentale per andare avanti e per progredire».