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«Emergenza lavoro al 70% sparisce quello femminile»

Gabanelli: «il covid lascia il segno, speriamo di uscirne» L’ex conduttrice di “Report” fa leva sui numeri: «Le donne sono già state colpite, ma in generale il peso dei poveri è aumentato nel mondo. I giovani pagheranno le conseguenze di questa annata in Dad. E il distanziamento spingerà gli anziani a rimanere isolati»

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Le indagini giornalistiche che ha effettuato nel corso degli anni le hanno procurato decine e decine di cause legali, ma anche un’indiscussa e meritata popolarità. Perché svolgendo il suo compito di cronista, al netto degli inevitabili errori, ha avuto il merito di portare alla luce tantissime verità scomode (ma certamente solo una parte del totale). Milena Gabanelli è diventata il simbolo del giornalismo d’inchiesta. Uno dei pochi rimasti, in un contesto molto spesso caratterizzato dalla mancanza di analisi e approfondimenti liberi da vincoli di sorta. Dopo aver lasciato la redazione di “Report” e la Rai, la giornalista ha avviato un progetto personale che ha trovato spazio sui canali web del Corriere della Sera, un format incentrato sul “data journalism” e chiamato “Dataroom”. La forza dei nu­meri ha così regalato al lavoro di Milena Gabanelli una coerente continuità tra le inchieste del recente passato e gli approfondimenti attuali.

I numeri analizzati da “Data­room” riferiscono di una riduzione del Pil pari all’8,8% in un anno di Covid. Questo ha aumentato le situazioni di indigenza e il numero dei nuovi poveri. Crede che l’importanza di questo problema sia percepita dal Governo?

«A parole pare di sì, nei fatti risulta che si stia allargando la platea dei redditi d’emergenza, ma chi sta mettendo una toppa sono come sempre le associazioni caritatevoli per le prime necessità. Il peso dei nuovi poveri lo ha calcolato la Caritas, infatti, ed è passato in un anno dal 31% al 45%. Si tratta di un problema mondiale, purtroppo».

Il rischio, nel mondo del lavoro, è anche che alla lunga possano essere maggiormente colpite le donne?
«Le donne sono già state colpite. L’Istat ha certificato che il 70% dei 444mila posti scomparsi nel 2020 sono femminili, perché si concentrano tra alloggio, commercio, ristorazione e tempo libero, ambiti ad alta occupazione rosa. Alla lunga speriamo di uscirne».

In un’analisi viene anche segnalato il rischio che la didattica a distanza, con i deficit formativi, aumenti l’handicap reddituale per i giovani: sarà così?
«È una proiezione della Fon­da­zione Agnelli, che stima la ripercussione sul reddito di 8,4 milioni di studenti in
21mila euro in meno nell’arco di 40 anni di vita lavorativa. Si tratta della conseguenza del rallentamento formativo dell’anno scolastico 2020-2021 e che si spalmerà nel tempo».

I 209 miliardi del “Next ge­neration Ue” rappresentano la soluzione da non perdere?

«Certamente sì, perché circa 80 sono a fondo perduto, gli altri sono debiti, ma con un interesse bassissimo, e noi abbiamo più bisogno di soldi rispetto agli altri Paesi europei per avviare attività di crescita e cambiare modello industriale. L’aspetto cruciale è la condizione per avere questi soldi: fare le riforme che non abbiamo mai fatto, dal Fisco alla Giustizia, al Lavoro. Essendo costretti forse le faremo; se ciò non dovesse accadere, i nostri figli non ce lo perdoneranno!».

Come spiega i ritardi dei vaccini e il caso AstraZeneca?

«Ci sono almeno tre ragioni: la prima è il ritardo con cui sono stati definiti gli accordi e poi l’autorizzazione all’immissione sul mercato; la seconda dovuta al fatto che molte dosi sono state indirizzate al Paese dove risiede la casa produttrice (Inghilterra); la terza è dovuta a ragioni tecniche: non esistono scorte, per cui basta un problema ad una catena di produzione (e sia Pfizer che AstraZeneca ne hanno avuti) e saltano le consegne previste».

Nella sua carriera ha spesso svelato scomode verità. Come ci si può orientare per scoprirle distinguendole dalle “fake news”?
«Cercando sempre la fonte del­le notizie. Quando non è citata, o se non è accreditata, è sempre meglio dubitarne».

Come giudica il ruolo che ha avuto l’informazione in Italia nel corso della pandemia?
«Eccessivo e spesso confuso, ma del resto siamo in terra incognita, dove nemmeno gli esperti sono concordi ed hanno una gran voglia di apparire per dire la loro. Dall’altra parte ci sono gli utenti che hanno una gran voglia di essere informati e leggono solo queste notizie… e quindi alla fine non si parla più del resto».

Possiamo immaginare un futuro migliore in Italia e nel mondo una volta che saranno superati gli effetti di questa crisi?

«Lo scopriremo vivendo. A mio parere questo distanziamento fisico che è stato impropriamente chiamato “sociale” avrà degli strascichi, soprattutto sulla po­polazione più anziana, che tenderà a mantenere l’isolamento per paura, con tutte le ripercussioni psicologiche che possiamo immaginare. Per quel che ri­guarda il resto, come una maggiore attenzione all’ambiente, non saprei: siamo un popolo che tende a rimuovere».

BaNNER
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