È cambiato tutto dopo un viaggio: all’oro e all’argento si sono aggiunti gli altri colori, come una festa di foglie, frutta, cielo. Così sono oggi le opere di Marco Garello: celebrazioni della serenità e della gioia della natura.
«Come direttore commerciale di un’azienda del territorio viaggio molto: un aspetto del mio lavoro che mi è sempre piaciuto», afferma l’artista. «Cinque anni fa, durante una trasferta in Australia, ho visitato un museo a Melbourne: nella sala dedicata all’arte aborigena ho raggiunto… la pace dei sensi. Le pitture erano coloratissime e io ho provato un totale benessere. Impossibile resistere: dallo stile geometrico che mi aveva sempre contraddistinto, sono passato a creare quadri con forme più smussate; poi, poco per volta, ho introdotto sempre più colori fino ad arrivare a opere variopinte. Mi sono portato a casa altre immagini del genere da un recente viaggio in Colombia, dove ho trascorso due settimane: mi è rimasta in testa quella vegetazione lussureggiante con le sue tinte vivide».
Garello esporrà dal 17 al 21 giugno a Genova, dove è nato ed è vissuto fino all’età di 27 anni, quando si è trasferito ad Alba per amore della moglie. L’occasione, la seconda edizione della Genova Design Week, la manifestazione dedicata al mondo del design che per la prima volta si estende a tutta la città: a ospitare la mostra di Garello sarà Palazzo Sopranis, in via dei Giustiniani 18/B. Tema: “La Città che foglia e fiora”, con il verde diffuso che abbellirà i vicoli e le piazze del capoluogo ligure.
Al centro della kermesse, che torna dopo l’anno di stop causato dalla pandemia, sarà la creatività “green” che cambia il mondo: l’economia circolare e sostenibile, la “green mobility”, l’industria 4.0 e l’insieme delle attività che creano sviluppo economico basato sul miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale.
Un contesto ideale per le opere di Marco Garello, che sono create con scarti dell’edilizia: «L’anno dopo il trasloco ad Alba, durante le vacanze di Natale, ho usato un pannello isolante per fare delle prove con i colori per le pareti di casa», racconta, «Mi è sembrato bellissimo, sarebbe stato un peccato buttarlo: ho pensato che mi sarebbe piaciuto provare a farci qualcosa. Ne è nato il mio primo quadro, “Opera prima”. Gli amici che mi venivano a trovare hanno iniziato a chiedermi di produrne per loro, poi si è sparsa la voce: le mie creazioni piacevano. Un albese, che aveva acquistato tre quadri, dopo qualche giorno che li aveva in casa, mi ha detto che al mattino era contento di vederli quando si alzava e andava in soggiorno, perché gli davano pace: per me, il migliore riscontro possibile».
Niente di più lontano dal cliché dell’artista tormentato: Garello è soddisfatto se le sue opere rendono felice chi le compra: «Credo che, se non sei Picasso, un dipinto debba trasmettere un’emozione, qualcosa di positivo, far stare bene chi lo osserva. Non voglio spiegare nessun mistero cosmico con i miei lavori. La mia gratificazione deriva dallo scoprire cosa vedono gli altri nelle mie creazioni: non sempre, anzi, raramente, riscontro le stesse sensazioni o interpretazioni, ma questo, anziché deludermi, mi arricchisce di nuovi punti di vista». Nel tempo, Garello ha perfezionato il metodo: una serie di passi che richiedono anche un mese per completare un pezzo. Spiega l’artista: «Parto dal materiale grezzo, appunto un isolante, e scavo un disegno che rimane in profondità. Poi lo ricopro con la colla e sopra applico uno spray che crea solchi e porosità. Solo allora comincio a pitturare con i colori acrilici e, infine, procedo alla resinatura. Monto il risultato su appoggi neutri e rimovibili, in modo che chi sceglie il quadro possa decidere come preferisce allestirlo: con o senza cornice, oppure con il plexiglas».
Oltre ai quadri, all’evento genovese, porterà con sé una nuova linea di creazioni di design per la casa, anch’esse realizzate con gli stessi pannelli isolanti, e quindi leggerissime. Si tratta di oggetti foderati con carta da parati di recupero, ideati per essere messi davanti a una bottiglia qualsiasi (di vino, ma anche di passata di pomodoro) per trasformarla in un vaso da fiori, un portacandele o uno svuotatasche decorativo, dal gusto moderno.
Articolo a cura Adriana Riccomagno