“Il progetto “Indovina chi viene a cena?” nasce con l’idea di fare incontrare le persone e le loro culture nella maniera più antica, a tavola”.
Così Antonio Damasco, direttore della Rete Italiana di Cultura Popolare ha aperto “Migranti e cultura del cibo”, primo evento ospitato all’Arena Piemonte al Salone del Libro di Torino.
“In questi anni abbiamo fatto incontrare diverse centinaia di persone in più di 150 cene a casa delle persone, dei nuovi cittadini che hanno aperto le proprie porte per favorire l’incrocio fra culture attraverso il cibo”, ha proseguito.
Il progetto venne lanciato in occasione degli Stati Generali della Cultura Popolare tenutisi a Torino nel 2011 durante il Festival Internazionale dell’Oralità Popolare, con una cena condivisa a Torino in Piazza Carlo Alberto con i piatti preparati dalle famiglie coinvolte appartenenti alle comunità straniere residenti sul territorio.
Dal Marocco alla Cina, dalla Romania all’Argentina, dall’Albania all’Etiopia, storie di viaggi, di terre e di persone da raccontare e condividere, ma anche la costruzione di un patrimonio relazionale, lo sviluppo di una piccola economia di solidarietà e un’azione culturale.
Tra i partecipanti all’incontro, l’ex assessore al Comune di Torino, Ilda Curti, esperta di politiche dell’intergrazione:
“Il progetto è un modo per sovvertire l’impianto, siamo noi che veniamo accolti nelle case di chi è arrivato nel nostro paese, andare a casa degli altri è scoprire la comodità sotto altre forme. Senza lo scambio di culture oggi il nostro piatto nazionale, la pizza, non esisterebbe perché non avremmo i suoi ingredienti principali”.
Sul palco sono state presentate alcune delle famiglie del progetto, che hanno raccontato i loro piatti tradizionali preparati durante le cene: “Ci sentiamo ambasciatori della nostra cultura e il modo miglior per esserlo è attraverso lo scambio delle tradizioni culinarie”.
“Indovina chi viene a cena” proseguirà anche nel 2017 con la collaborazione con l’Agenzia formativa “Salotto e Fiorito” di Rivoli, i cui studenti hanno presentato i loro progetti gastronomici a cavallo tra Piemonte e resto del mondo.
“Il cibo può segnare confini di respingimento – ha spiegato suor Teresita Pavanello, responsabile di progettazione dell’Agenzia – oggi i nostri ragazzi hanno l’opportunità di confezionare piatti che non fanno parte della loro cultura.
Solo così li educhiamo al valore della diversità”.