Politici che decidono, polemizzano, dividono. Sportivi che regalano sorrisi o amarezze. Star che popolano sogni. Ricercatori. Benefattori. “Influencer”. Innovatori. Con il tratto comune della fama, facce conosciute e storie note, figure distantissime eppure a noi vicine che schermi sempre più sottili ci portano in casa. Stavolta, facciamo eccezione. Stavolta raccontiamo d’una persona anziché d’un personaggio, sconosciuto finché il destino non ha teso un agguato ai giovanissimi passeggeri del suo pullman e lui s’è ribellato, salvandoli, supereroe senza indossare mantelli o mettere ali o trasformarsi nei lineamenti, solo attingendo all’esperienza, alla prontezza e alle generosità già messe al servizio della Croce Rossa come volontario.
Sono le immagini del mezzo divorato dalle fiamme, carcassa annerita nel buio d’un tunnel, a raccontare la tragedia sfiorata e sottolineare i meriti dell’uomo. L’incidente avviene su una superstrada lombarda, interrompe il disincanto di una gita, i canti e i sonnellini, il cicaleccio allegro: una gomma che esplode e la strada che impazzisce, le mani dell’autista che si stringono più forte al volante, limitano uno zig zag pauroso scandito da grida di terrore. La carreggiata viene faticosamente mantenuta, ma l’uomo, Mauro il suo nome, nota che l’autobus ha preso fuoco e capisce che l’incendio sta per propagarsi. Rapido. Non perde la calma, non cede al panico, non invita d’istinto a una fuga che sarebbe disordinata e pericolosa. Riesce a fermarsi e a far scendere i ragazzini, venticinque, tutti d’un oratorio e diretti a un centro estivo, li mette al sicuro prima che il fuoco divori il mezzo, li conduce nel corridoio di sicurezza della galleria, salvandoli tutti.
Non solo. Una volta certo che nessuno fosse in pericolo prova anche a spegnere l’incendio, ma è impossibile. Torna indietro, consola e cura, aspetta i soccorsi: in sette vengono portati in ospedale per aver inalato fumo, nessuno però è in pericolo. Arrivano i vigili, le fiamme finalmente vengono domate, il bus è distrutto e l’uomo silenzioso: non ama i riflettori e non pensa di aver fatto nulla di eccezionale, ha solo seguito se stesso, fatto la cosa giusta. Lo “smentisce” il presidente del consiglio regionale, che ricorda come si sia “reso protagonista di un gesto eroico” e aggiunge: «Avrò il piacere di averlo ospite in una delle prossime sedute del Consiglio regionale per testimoniargli personalmente la gratitudine dell’istituzione lombarda e attribuirgli un doveroso riconoscimento». L’eroe scrive anche una nota e scivola in un burocratese da verbale: «Una volta compreso quanto fosse accaduto non ho esitato nel mettere al riparo i passeggeri facendoli scendere dal mezzo e disponendo che venissero portati al riparo dal coordinatore dell’oratorio. Messi in salvo i ragazzi, ho prontamente espletato ogni azione atta allo spegnimento dell’incendio senza esito positivo. La priorità era salvare le vite dei ragazzi». Bastano queste ultime parole, semplici e bellissime, ovvie e profonde: non ha pensato a sé, non ha pensato a rischi personali, difatti è pure tornato indietro a sfidare le fiamme. Ma lo ha fatto solo quando ha avuto certezza che tutti stessero al sicuro. Indossando non un mantello, ma un sorriso.