«La musica è la mia compagna di strada»

L’artista albese Barbara Borra racconta a IDEA il suo percorso, tra talento e pratica quotidiana

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Barbara Borra è mu­sicista, cantautrice, insegnante, di­plomata in pianoforte e laureata in etnomusicologia presso l’Università degli Studi di Torino. Un’ar­tista che ha scelto la musica come mestiere, facendo però in modo che continuasse a rappresentare prima di tutto una passione. Nel corso della sua carriera è stata premiata con diversi riconoscimenti, tra cui la Targa Rivista IDEA assegnatale nel corso del Radio Alba Festival 2020. Con questa intervista proviamo a conoscere meglio l’albese di adozione.

Barbara, come si è evoluto negli anni il suo rapporto con la musica?

«Fino al 2007 fare musica è stato il mio primo lavoro: mi ha portato a suonare, tra gli altri posti, in Libia, in Etiopia, in Austria e in Francia e per un certo periodo mi ha permesso di vivere negli Stati U­ni­ti. Ho cantato il brano “Wal­king On Springtime” della colonna sonora vincitrice del Japan Awards 2007, “Memories of Matsuko”. Dal 2012 mi sono appassionata della “koi­nè” piemontese letteraria. Mi piaceva provare a unire la lingua piemontese con una mu­sica che non fosse quella classica più da ballata, quindi ho iniziato a musicare le poesie di grandi poeti dialettali».

Quindi suonando e cantando ha avuto modo anche di co­noscere il mondo…
«In effetti non mi aspettavo questa dimensione itinerante. Mi riconosco la caratteristica del “bugia nen”, nel sen­so che a casa mia sto bene, ma ho sempre avuto anche uno spirito avventuroso, per cui alle occasioni che mi sono capitate non ho detto di no».

Quando ha capito che questo era ciò che voleva fare?
«Già da bambina cantavo spesso e volentieri. A Bene Vagienna, il mio paese, la domenica si mangiava il pranzo in famiglia e poi, guidati da mio padre e mio nonno che erano abili cantanti, ci si dilettava con le canzoni popolari. Sino alla seconda superiore è stato abbastanza semplice coniugare lo studio del pianoforte in conservatorio con la scuola e lo sport, anche se le rinunce non sono mancate. Ricordo che, in occasione della festa del paese, nel pomeriggio c’era la camminata con grande merenda al rientro. Guar­davo partire la comitiva dal balcone di casa con i lacrimoni, perché al lunedì avevo solfeggio e non potevo partecipare».

Che gratificazioni ha ottenuto da questa scelta di vita?
«La musica richiede sacrificio fin da subito, ma restituisce una soddisfazione immediata in termini di gratificazione, senza andare poi nella fisica e parlare di frequenze musicali che “fanno bene”. La musica ha la capacità di trasportarti da un altra parte. Inoltre mi ha permesso di viaggiare, di imparare a stare con gente di diversa estrazione culturale e di relazionarmi a persone inattese, accettandole per quello che sanno dare».

Quale è il rapporto tra talento e lavoro, a suo giudizio?
«Il talento è un qualcosa che riconosci quando inizi a fare ciò per cui sei portato. È la fa­cilità iniziale che ti permette di proseguire in quella attività che ti viene bene. Ma il talento da solo non basta; si realizza davvero solo se viene af­fian­cato dalla pratica quotidiana. Il talento si nu­tre di mestiere; senza, si per­­de o rimane fine a se stesso.

Ora che insegna, in che modo si dedica alla “sua” musica?
«Coltivo la mia passione più a fatica di prima, ma in maniera maggiormente accurata, perché ho meno tempo, quindi ci lavoro con maturità e distacco diversi, non avendo più l’ansia da prestazione ma solo la tensione di fare ciò che davvero mi corrisponde».

Cosa si aspetta dalla musica?

«A breve partirò per la Finlandia per un “job shadowing” , uno scambio lavorativo di esperienze di docenza in due scuole del paese scandinavo. È un’opportunità che si è pa­lesata all’improvviso e concretizzata nel giro di po­che ore. Rappresenta un po’ una costante della mia vita: le cose, in fondo, non le cerco, ma le faccio. Quando ho inseguito qualcosa con insistenza, di rado l’ho ottenuta. Le occasioni migliori sono arrivate sempre per casualità».