“Assordante il silenzio delle istituzioni territoriali sulla chiusura della clinica Montserrat”

RICEVIAMO e PUBBLICHIAMO la lettera aperta della parlamentare Chiara Gribaudo sulla struttura di Borgo San Dalmazzo

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È con stupore e preoccupazione che ho appreso, nelle scorse settimane, la notizia della chiusura della clinica Montserrat di Borgo San Dalmazzo. Come i cittadini ben sanno, si tratta di una struttura che offre un servizio irrinunciabile a tanti malati dei nostri territori, un punto di riferimento per quelle valli che trovano in Borgo un approdo naturale per servizi sanitari e non solo.

In questo anno di pandemia, fiumi di parole e d’inchiostro sono stati versati sulla debole presenza territoriale della sanità piemontese, sulla necessità di tornare a investire sui presìdi locali, sui bisogni di una popolazione che invecchia. Il nostro tessuto sociale, senza il supporto del lavoro di cura, rischia di sfasciarsi: lo abbiamo scoperto fin troppo bene durante il lockdown, con anziani e malati isolati nelle loro case, senza posti letto sicuri per accogliere chi ne aveva bisogno.

A fronte di tutto questo, suona allora stucchevole e assordante il silenzio delle istituzioni territoriali che di questi presìdi dovrebbero preoccuparsi e occuparsi. Una cooperativa che gestisce più di 70 strutture in Italia, con fatturati milionari, non guadagnerebbe abbastanza da tenere aperta la clinica Montserrat a Borgo San Dalmazzo. L’ASL starebbe occupando solo la metà dei 30 posti convenzionati in quanto da inizio mese non sono stati effettuati nuovi ricoveri.

E’ davvero possibile che questa situazione non sia stata affrontata, discussa e analizzata al tavolo dei principali attori istituzionali, quali ASL, provincia, regione? Era impossibile individuare una soluzione economicamente sostenibile per l’impresa e socialmente sostenibile per il territorio? I pazienti ospitati oggi sono in procinto di essere ricollocati, ma quando domani le comunità di Borgo e delle valli avranno bisogno di tutti quei posti per i loro cari, a quale distanza dovranno spostarsi per ricoverare questi malati? Altrettanto incomprensibile è la necessità di mettere a casa, in cassa integrazione, 27 persone, soprattutto donne, mentre il comparto sanitario nel resto della regione, e nel resto d’Italia, assume e rimpolpa le proprie fila come non accadeva da anni.

Sono domande, queste, che sento il dovere di porre, perchè questo territorio non merita di perdere altri servizi pubblici. Trovo grave che vi sia stato un preavviso di soli trenta giorni per una struttura e per un servizio che è importante per tutta la comunità, e ancor più grave che questo avvenga guarda caso ad agosto, quando l’attenzione collettiva si allenta e le opportunità di incontrarsi e di mediare si restringono, ma agosto non può comunque essere un alibi. Per questo mi auguro che, prima della fine del mese e della chiusura della clinica, gli enti competenti provino a dare delle risposte.

Chiara Gribaudo