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L’opinione di Federica Sciarelli

«Mi sono innamorata delle persone, perché attraverso il loro dolore ho toccato con mano le loro esistenze. a differenza dei tg, vivi le storie da dentro»

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IL FATTO
C’è una trasmissione Rai che va avanti da 17 anni con la stessa conduttrice: si tratta di “chi l’ha visto?” e racconta storie di chi si è smarrito

Si tende a credere che a svolgere certe professioni, si faccia il callo a tutto. E in molti casi è vero. Avere a che fare, per lavoro, con la sofferenza degli altri, porta nel tempo a sviluppare una sorta di corazza che da un lato rende impermeabili ai sentimenti forti e permette di andare avanti, dall’altro però è vero anche che non ci si abitua mai a certe esperienze. Anche quando le viviamo in maniera indiretta, nel racconto degli altri, sono difficili da assorbire.
Federica Sciarelli conduce ormai da 17 anni il programma “Chi l’ha visto”, cavallo di battaglia targato Rai, dedicato alle drammatiche storie di persone sparite. A volte le immagini televisive scuotono coscienze, aprono occhi, segnalano situazioni. E contribuiscono a ridare serenità a tante famiglie. Altre volte invece non possono che acuire il dolore, buttare benzina sul fuoco. Perché il compito di questa trasmissione rimane quello di raccontare. Federica credeva di do­verla condurre per un solo anno. La prima puntata con lei andò in onda nel mese di ottobre del 2004, un mese dopo la scomparsa di Denise Pipitone. Purtroppo la bimba non è mai stata trovata, nonostante le recenti rivelazioni che hanno portato solo nuove illusioni in casa dei famigliari.
«Mi sono innamorata delle persone, perché attraverso il loro dolore ho toccato con mano le loro esistenze e allora fai una battaglia per la loro causa, per aiutarle. A differenza di quanto accade con il Tg, vivi le storie da dentro. Questa trasmissione mi ha cambiata, come io ho cambiato la trasmissione», ha detto la giornalista. Che negli anni ha cercato di mettersi al servizio della giustizia in ogni modo. «Un giorno chiamai il procuratore di Palermo, Pietro Grasso, e gli proposi di mostrare in tv l’identikit di Bernardo Provenzano. Fu un evento storico e poi arrivarono altri approfondimenti su latitanti storici, come a esempio Matteo Messina Denaro. «Abbia­mo vinto tante battaglie, per questo il pubblico ci sostiene». Ma resta il dolore di chi non sa più che cosa sia accaduto al proprio figlio: «Un dolore lancinante, da parte mia c’è un coinvolgimento emotivo molto forte, specie quando di mezzo ci sono anziani e bambini». E la storia di Denise è sempre sullo sfondo. Nonostante le numerose iniziative, i falsi allarmi e le finte speranze. Resta una ferita aperta che spinge la trasmissione però ad andare avanti, a non mollare. Dietro l’angolo può esserci una buona notizia. Quando si dice servizio pubblico.

BaNNER
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