«Lo sviluppo tenga conto di persone e ambiente»

Il fondatore di Slow Food Carlo Petrini ritiene che, a causa dell’incertezza portata dalla pandemia, sarà l’edizione di Cheese più impegnativa di sempre

0
207

Ancora una volta, Carlo “Carlin” Pe­­trini ha lasciato il segno. Così co­me sarà Cheese 2021 a la­sciare il segno, dal 17 al 20 set­tembre. Petrini (nato nel 1949 nella “città della Ziz­zo­la”) si occupa di enogastronomia dal 1977 sui principali periodici e giornali italiani e ha contribuito attivamente alla nascita, con Stefano Bonilli, del Gambero Rosso, inizialmente inserto mensile del Ma­nifesto. In quel periodo, tramite l’Arci, ha collaborato con il Club Tenco ed è stato lo scopritore, nel 1980, delle Ge­mel­le Nete. Ha fondato la “Li­bera e Benemerita Asso­cia­zione degli Amici del Ba­rolo”, che nel luglio 1986 è divenuta “Arcigola”, mantenendo forti legami col Gambero Rosso e con la rivista La Gola. Dalle sue idee sono nate Slow Food, il Salone del Gusto di Torino, Cheese, la prima Uni­versità di Scienze Ga­stro­­nomiche e la rete di Ter­ra Madre. Nel 2004 la rivista Time Magazine gli ha attribuito il titolo di “Eroe Eu­ropeo”, mentre nel gennaio 2008 è comparso, unico italiano, tra le “50 persone che po­treb­bero salvare il mon­do” nell’elenco redatto dal quotidiano The Guardian. Nel settembre 2013 è stato insignito del Pre­mio Campioni della Terra, per la categoria “Creatività e Intra­pren­den­za”, la più alta onorificenza al merito ambientale delle Na­zioni Unite. Editorialista della Repubblica e collaboratore dell’Espresso, da maggio 2016 è ambasciatore Fao per l’Europa sul progetto “Fame Zero”.

Presidente Petrini, la tredicesima edizione di Cheese è ormai alle porte. Quali sono le sue sensazioni?
«Questa sarà l’edizione più difficile della storia della manifestazione. Viviamo un clima d’incertezza a Bra, in Italia e nel mondo. Corag­giosamente portiamo avanti la kermesse e sarà un’impresa. La speranza è quella di poter uscire dal tunnel, ma si sta navigando necessariamente a vista. Ab­biamo l’obbligo di tenere alcuni punti fermi: il primo va verso i concittadini e il territorio, per un segnale di ripartenza, Bra deve avere l’orgoglio di essere la città di Cheese; il secondo è che questa è la più grande manifestazione lattiero-casearia a livello mondiale, dobbiamo far conoscere che da qui, in questi 24 anni, sono partiti dei segnali che hanno messo radici ovunque, da qui è partita la rigenerazione lattiero-casearia della Gran Bre­tagna, l’Africa è diventata un continente produttore di formaggio, arrivando agli Stati Uniti, dove oggi si producono una moltitudine di formaggi che prima non esistevano, perché la disciplina che vigeva, imponendo di pastorizzare tutto il latte, non riusciva a esprimere la ricchezza della diversità».

L’ultima edizione dell’evento, invece, quali insegnamenti ci ha lasciato?
«Aprivamo la scorsa edizione con le straordinarie testimonianze portate dei giovani del “Fridays for Future”. Da allora ad oggi, è arrivata la pandemia e la comunità mondiale si è chiusa in sé stessa. Va preso atto che sul fronte ambientale passi in avanti non ce ne sono stati, mentre la situazione diventa sempre più drammatica. Quello che è successo nell’Ovest della Ger­mania (la pesante ondata di maltempo che ha avuto le terribili conseguenze di un’alluvione, ndr) è una catastrofe di proporzioni inimmaginabili. Noi ci troviamo nel bel mezzo di questo momento sto­rico e, pertanto, dobbiamo riprendere queste tematiche e farle diventare vitalità, elemento distintivo».

Alla luce di queste considerazioni che cosa bi­so­gna aspettarsi, in ter­mini di messaggi di “vi­talità”, dall’edizione di Cheese prossima alla par­tenza?

«Una manifestazione come questa oggi ha l’obbligo morale di proporre un modo d’essere che sia rispettoso di valori che non troviamo nei bilanci, ma che in questo mo­mento sono la parte più importante dell’economia. Non l’unicità del profitto, ma il fatto che garantendo il profitto ci sia il rispetto di beni comuni come la salute, l’ambiente e il lavoro. Se usciamo dalla crisi pandemica senza aver chiaro che questi saranno elementi della nuova economia, noi non faremo nessun passo in avanti. Tra pochi anni i giovani di “Fri­days for Future” saranno i nostri turisti, visitatori, sa­ranno i nostri referenti. E se noi oggi non parliamo un linguaggio rivolto a loro, perdiamo seriamente il senso della prospettiva del futuro».