«Il paesaggio non basta osservarlo, va anche creato»

Interessante serata del Rotary Club Canale Roero con la relazione di Federica Larcher

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Il paesaggio? Un elemento “vivente”, di cui tenere conto nel proprio evolversi, in una costante ricerca di equilibrio tra ambiente e intervento dell’uomo. Non solo per ragioni estetiche e “turistiche”, dal momento che un territorio curato, vissuto da persone che hanno la consapevolezza dei suoi valori, non è solo preziosa fonte di cibo e di attrattiva per chi vi viene in visita.
L’agricoltore, in definitiva, ne è il primo custode: parola della dottoressa Federica Larcher del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, ospite di una re­cente serata organizzata presso il Rotary Club Canale Roero tenuta presso l’accogliente cornice del ri­storante “Mira­langhe” di Gua­rene.
Di fronte al nuovo presidente Enrico Conterno, ascoltata da un’attenta platea, la docente ha parlato de “I paesaggi rurali come patrimonio bio-culturale”, un argomento-cardine per un’area che quotidianamente si confronta con le prospettive determinate dal suo inserimento nella lista dei patrimoni dell’umanità secondo l’Une­sco nel 2014, ma anche con una volontà di crescita per cui diventa fondamentale mantenere il rapporto con ambiente e radici.
Anche perché, come ha spiegato la relatrice: «È proprio dai paesaggi vitivinicoli, ri­co­nosciuti come patrimonio mondiale dell’umanità, che si è impressa la svolta nella storia dei siti Unesco: in un’Eu­ropa che al Nord, già da anni, trovava le proprie ec­cellenze su questo fronte. Mentre, nel Sud e in particolare in Italia, l’attenzione era rivolta maggiormente verso i luoghi con una vocazione letteraria, culturale e anche artistica».
La sensazione è che, con il passare del tempo, sia mutata radicalmente la coscienza su queste suggestioni: «Del re­sto, la stessa Convenzione internazionale dell’Unesco (guarda caso, sottoscritta da molti Paesi, ma non dalla Germania, nda) definisce il paesaggio come “una porzione di territorio così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e umani, e dalle loro interrelazioni”».
Dunque, il contesto che circonda l’uomo, e viceversa. Uniti a doppio filo, come per dire “anche noi siamo il no­stro paesaggio”. Ma sono oc­corsi anni, per capirlo: ora, la buona strada pare tracciata.
«Probabilmente», ha spiegato la Larcher «un tempo chi lavorava la terra non aveva tutta questa percezione del paesaggio: quest’ultimo ne è stato per lunghi anni una semplice e­sternalità positiva. Poi, si è compreso un fatto che io stessa ripeto spesso ai miei allievi: e cioè, che il paesaggio “si crea”, non ci si limita a osservarlo».
Lo si è compreso anche agli albori del progetto Langhe-Roero e Monferrato Unesco, a partire dalla volontà della famiglia Gancia in qualità di prima fautrice di tale piano: quando l’obiettivo era quello di far assurgere a tale riconoscimento essenzialmente le cantine storiche. È servito un passo ulteriore, alle origini, verso i luoghi strettamente correlati: e quindi, le vigne stesse. «E i risultati sono arrivati: cercando sempre quel trinomio fatto di autenticità, integrità e sostenibilità che può rendere “grande” una terra, un luogo. Ma anche le persone che lo vivono».
L’evento è stato anche motivo per accogliere due nuovi soci: Stefano Saffirio, presentato dallo stesso presidente Con­terno e Andrea Cauda, sindaco di Montà e a capo del­l’Ecomuseo delle Rocche del Roero, introdotto dal so­cio Gianluca Costa. Due innesti di valore, per un sodalizio vivace, che promette e mantiene nel segno del proprio territorio. La porta è spalancata, per nuove sinergie.