Iniziare a giocare a pallavolo quasi per diletto, principalmente per poter stare insieme alle amiche d’infanzia più ancora che per effetto della passione, e ritrovarsi poco più di dieci anni dopo sul tetto d’Europa, tra le magnifiche quindici che hanno dato all’Italia un altro dei tanti trionfi di un 2021 destinato a restare a lungo nella memoria collettiva di un Paese rigenerato dal punto di vista sportivo. Questa è la storia di Sara Bonifacio, venticinque anni, partita da Alba e dalla locale L’Alba Volley e oggi punto di riferimento dell’Agil Volley di Novara, una delle squadre più forti in Italia e al mondo. Rivista IDEA l’ha raggiunta a pochi giorni dall’inizio della stagione “regolare” per conoscerne gli obiettivi dopo un’estate indimenticabile e per riavvolgere il nastro del tempo, ricordando gli anni in cui il suo talento è sbocciato tra le colline delle Langhe. La storia di un amore per la pallavolo che, come detto, non è nato proprio nella culla…
Bonifacio, ricorda la sua prima volta con L’Alba Volley?
«La ricordo bene e fu per certi versi frutto del caso. Quando frequentavo ancora le scuole medie, Lorenzo Fogliani (ancora oggi presidente del sodalizio albese, ndr) era solito organizzare delle giornate di volley con le classi, che diventavano un’occasione per vedere all’opera molte di noi. Un giorno si presentò nella nostra scuola e ci fece giocare per alcune ore. Al termine della seduta, mi invitò ad andare in palestra con L’Alba Volley per un allenamento “vero”. Dato che ci giocavano già molte mie compagne e amiche, accettai di buon grado, anche per stare con loro. Da lì è iniziato tutto».
Nella squadra della sua città si è, di fatto, formata come giocatrice. È così?
«Ad Alba ho vissuto gli anni più importanti per la carriera di una pallavolista, quelli in cui forgi la tecnica e il modo di stare in campo. È per questo che non smetterò mai di ringraziare i miei tecnici di allora, Antonello Battaglino, fino all’Under 14, e in particolare Bartolomeo Salomone, avuto negli anni successivi, che sono stati importantissimi per me».
Che cosa le hanno lasciato?
«Con loro ho imparato tanto, in tutti i fondamentali di questo sport. Credo, per assurdo, che il ruolo di un allenatore nel settore giovanile sia ancora più complesso di quello di un coach di una prima squadra. È il primo a dover formare una bambina, ad insegnarle a stare sul rettangolo di gioco e a praticare nel modo corretto la pallavolo. Il secondo, invece, ha più un compito di “gestore”, ma si confronta con giocatrici che sanno già perfettamente cosa devono fare e non ha, quindi, necessità di insegnare come si gioca».
Da quel primo giorno nella palestra della scuola al tetto d’Europa, la strada è stata lunga. Si sarebbe mai aspettata di arrivare fin qui?
«Ci ho sempre creduto, ma è servito tanto lavoro. Per quanto riguarda la chiamata in azzurro, invece, quella è stata davvero inaspettata. In estate, coach Davide Mazzanti ha dato l’opportunità a me e ad altre giovani di metterci in mostra, dopo l’eliminazione dai Giochi Olimpici, nella Volleyball Nations League, poco prima dell’Europeo. Sono stata brava a sfruttarla e il premio è stata questa chiamata che mi ha permesso di vivere delle emozioni uniche».
A vincere, insieme a voi, sono stati anche gli uomini, nell’Europeo maschile. Questo doppio successo che cosa rappresenta per il volley azzurro?
«Credo che dopo la débâcle ai Giochi Olimpici di Tokyo, ci fosse tanta voglia di rialzare la testa. In quell’occasione, il sentirsi tra le favorite aveva impedito alle mie compagne di dare davvero il massimo in campo. Il desiderio di rivincita, misto a una ritrovata umiltà, ci ha portate fino a qui, e penso che qualcosa di simile sia accaduto anche tra i ragazzi, dove ha giocato un ruolo decisivo la voglia di mettersi in mostra di molti giovani alla prima esperienza azzurra».
In estate non sono mancate le polemiche in merito all’utilizzo dei social network che, secondo molti, sono stati la causa delle “distrazioni olimpiche” delle giocatrici. Lei è “social”?
«Pensi che sono sempre l’ultima a sapere le cose che riguardano la pallavolo… (ride, nda) Scherzi a parte, il mondo virtuale mi piace, ma tendo a “frequentarlo” solo per la mia vita personale. Non amo concentrarmi troppo sul volley quando utilizzo i social, dal momento che lo vivo già ogni giorno in palestra. So bene che il nostro è un lavoro in cui il giudizio degli altri è all’ordine del giorno, anche perché molti pagano proprio per venirci a vedere. Ma, proprio per questo, preferisco non andare a cercare giudizi o addirittura critiche pure sui social».
Chiusa la parentesi azzurra, ora c’è una stagione da vivere con Novara. Sensazioni?
«La vittoria dell’Europeo mi ha trasmesso tanta voglia di fare risultato anche con il mio club. Ho entusiasmo e so bene che con le sensazioni positive si possono raggiungere grandi traguardi, come dimostrato proprio dalla Nazionale. Ci siamo allenate bene in estate e vogliamo migliorarci. Lo scorso anno, siamo arrivate sempre a un passo dalla gioia, “sbattendo”, però, contro il forte Conegliano. Ora, tocca a noi…».
Tra le vostre avversarie, ci sarà anche la Bosca San Bernardo Cuneo che avete affrontato in un torneo estivo. Come le sembra?
«Mi sembra una squadra come sempre ostica. In campo, schierano ragazze che non mollano mai e che ti fanno sudare ogni punto. In più, hanno il vantaggio di non avere coppe e di potersi, quindi, allenare con maggiore continuità. Credo che potranno fare bene».
In provincia di Cuneo giocherà anche sua sorella Giulia, che difende i colori di Lpm Pallavolo Mondovì. Vi siete confrontate?
«Sì, e la vedo davvero carica. A Mondovì si trova davvero bene e spera, in questa stagione, di trovare ancora più spazio, all’interno di un gruppo nel quale si è integrata alla perfezione nello scorso campionato. In generale, a livello di squadra, tutte le giocatrici hanno una grande voglia di riscatto. Lo scorso marzo, ci siamo incrociate per le finali di Coppa Italia, seppur in due categorie diverse, e abbiamo perso entrambe. Quest’anno, vogliamo che l’esito sia diverso: sarebbe bellissimo poter festeggiare insieme».