«In Italia si discute solo di cose vecchie non esiste futuro»

Folli: «Mancano idee a destra e a sinistra, politica senza visione» L’editorialista di Repubblica: «L’Europa tecnocratica ha bisogno di un tema come la transizione ecologica per recuperare terreno dal punto di vista emotivo con le persone, però non si tratta di un messaggio prioritario. È una questione molto complessa che inoltre si porta dietro la questione dei costi, che restano tutti a carico dei contribuenti»

0
104

Stefano Folli, qual è il clima di questi giorni in Italia? E non parliamo del tempo… C’è la rappresentazione di scontri violenti ma anche manifestazioni in piazza. Ci sono contraddizioni evidenti e poche certezze in prospettiva. Che cosa significano le proteste e che cosa ci si deve aspettare?
«C’è chiaramente del nervosismo. In gran parte è dovuto alle elezioni ancora aperte in città come Roma e Torino, molto dipende anche dalle frange violente che approfittano del disagio generale in un momento in cui obiettivamente non è semplice governare. Perché il Covid sembra ormai quasi superato, ma l’attenzione che resta alta è la conseguenza di possibili nuove ondate. E perché il dibattito su greenpass e vaccinazioni resta aperto, mentre in tanti soffiano sul fuoco e non si tratta solo di neofascisti».

Chi soffia sul fuoco?

«C’è una diffusa fascia di malessere sui cui Lega e Fratelli d’Italia puntano molto, nonostante le tante ambiguità in un senso e nell’altro, e questo determina un evidente squilibrio nel dibattito politico. Ma il problema non è questo».

Il problema è fuori dalla politica?

«No, è esattamente al suo interno. Perché ormai in Italia non si discute più intorno alle idee. Gli unici temi sono al momento quelli che dividono l’opinione pubblica su favorevoli o contrari al greenpass e sui novax o provax. Questo è il livello. Ma il tema dovrebbe essere quello della ripresa economica e delle relative modalità d’attuazione, qualcosa che nonostante tutto dovrebbe anche contribuire finalmente alla riscoperta di un fondato ottimismo».

Invece nulla di tutto questo?
«Ci sono due facce del problema: da una parte la società economica, quella che lavora, prova a guardare nuovamente avanti. Dall’altra invece prolifera il malessere diffuso che la politica non riesce e non sa gestire. Così però, senza risposte, si alimenta il conflitto, mentre cresce un vuoto che genera una grande preoccupazione. La politica si sta avvitando sempre più su schemi ormai devastati e così facendo si crea angoscia nel paese, non c’è più sintonia tra le parti».

Il governo gode di una maggioranza allargata dove però pare non esserci alcun dibattito: è così? Le sembra normale?
«In realtà in questa fase un’ampia maggioranza che dia il necessario appoggio a Draghi sembra l’unica opzione praticabile. Peccato però che non ci sia una visione complessiva proiettata in avanti. Centro-sinistra e centro-destra, oggigiorno, in che cosa si differenziano? Nessuno lo capisce. Presto si tornerà a votare, ma su quali proposte di governo? C’è una grande carenza di idee, sia a destra e sia a sinistra».

Eppure, ci sarebbe davvero bisogno di un piano dettagliato e politico in vista dei finanziamenti che arrivano dall’Europa: se ne parlerà?
«Ripresa significa saper gestire il rapporto con l’Europa e quindi i fondi disponibili. Quella dei finanziamenti post-Covid è un’opportunità davvero senza precedenti, ma passa dalla capacità di saper utilizzare questa enorme quantità di denaro, attuando finalmente le inevitabili riforme. Questo fa sì che Draghi rappresenti al momento un’opzione senza alternative. Dalle forze politiche è arrivato il necessario sostegno, pur tra malumori, ma senza contribuire ad alimentare una visione del futuro».

C’è quindi il serio rischio di non riuscire a utilizzare al meglio i soldi del Recovery Fund?

«Servirebbe la capacità, da parte della politica, di sfruttare in un’ottica di ripresa, una quantità di denaro e investimenti mai visti dai tempi del piano Marshall. E invece stiamo assistendo a un indebolimento del sistema politico mai visto prima. Questo è un sistema ormai sfilacciato e conflittuale».

Si continua a discutere di fascismo. Lei che ne pensa?

«Che è un dibattito strumentale, destinato inevitabilmente a cadere nel vuoto. La destra non sa come gestire il fenomeno, la sinistra rischia di sconfinare nella retorica. Nessuno però parla di futuro. In Italia si continua a guardare esclusivamente al passato, ma così si crea un divario sempre più vasto tra cittadini e politica».

L’emergenza sanitaria sta per finire? È già finita?

«L’idea è che il Covid sia in fase calante, però non si sa bene che cosa succederà da qui a qualche mese. Le misure adottate sui posti di lavoro non fanno che alimentare l’incertezza».

Inoltre, dall’alto è arrivata la questione della transizione ecologica. Ma è davvero l’urgenza principale in questo momento?

«Siamo di fronte a un altro tema con importanti risvolti politici. L’Europa è impegnata in questo trapasso che però prevede tempi lunghi. Il fatto è che, sempre l’Europa della tecnocrazia, ha bisogno di trovare elementi che emotivamente la possano avvicinare alle persone. Ecco spiegata l’accelerazione ambientalista. Che però si porta dietro costi pesanti proprio per i contribuenti. Se invece si tratta solo di retorica, allora è un altro discorso. Però è passaggio complesso, non prioritario, destinato a rimanere sullo sfondo. Crea squilibri in un paese come il nostro a cui mancano le infrastrutture e manca una giustizia equa».