Da venerdì 15 settembre a domenica 29 ottobre la suggestiva cornice del Castello di Lagnasco ospita una doppia personale degli artisti Giovanna Giachetti e Osvaldo Moi.
Per la prima volta, Nel libero spazio propone al pubblico un’ampia selezione delle opere di Giovanna Giachetti e Osvaldo Moi: “due artisti differenti – commenta la curatrice, Martina Corgnati – ma che condividono l’amore per i materiali e il gusto delle tecniche. Un aspetto che li caratterizza e costituisce in se stesso un elemento di interesse, specie oggi che sono davvero pochi gli artisti ad apprezzare il contatto diretto con i materiali e le loro possibilità espressive ma anche le loro asprezze e ottusità”.
Nel libero spazio, titolo con cui gli artisti hanno scelto di presentare questa mostra dal taglio antologico, è un luogo d’incontro appunto “libero”, in cui Giachetti e Moi si ritrovano ognuno con la propria identità artistica, accolti in uno spazio neutro che non li condiziona e permette libera espressione nelle loro rispettive poetiche.
Le circa 100 opere esposte al Castello di Lagnasco – un complesso castellato di tre edifici nati del XI secolo e riportati allo splendore grazie a un processo di riqualificazione durato 10 anni (dal 1998 al 2008) – vanno a comporre il quadro della produzione dei due artisti, a cui si aggiunge una sezione distaccata della mostra che porta alcuni esempi del loro lavoro anche a Torino, a Palazzo Saluzzo Paesana (28 settembre – 8 ottobre).
Giovanna Giachetti espone una cinquantina di opere tra bronzi, terrecotte, alcuni dipinti e le recenti sculture “piatte” in lamiera tagliata e spesso dipinta, ove si avverte con chiarezza il prepotente richiamo della cultura visiva africana che ha impresso una traccia profonda nel suo immaginario, pur senza comprometterne la personalità originale. Molte delle sue opere prendono a modello figure femminili, archetipi di una dimensione arcaica, materna e quasi sacra, come Cielo, una slanciata testa in terracotta che si protende verso l’alto, e Ballando, solida e al tempo stesso leggiadra immagine di donna.
Osvaldo Moi, che presenta una cinquantina di lavori, invece spazia da sculture tridimensionali in materiali diversi, modellate, intagliate o assemblate in resina o tessuti e i pochissimo noti disegni su carta di grandi dimensioni. In alcune di esse si rintraccia un elemento autobiografico, legato alla lunga esperienza militare di Osvaldo Moi, per molto tempo sottoufficiale pilota di elicotteri: un bagaglio di vita certamente non leggero, ma che l’artista ha trasformato in linguaggio visivo originale e potente. Lo testimoniano Il grande passato, una scultura in forma di prosaico bidone di immondizie che sono ricordi ed emblemi dei trascorsi dell’artista, fra mimetiche e calci di fucile; oppure Ombre che rievoca il gioco delle ombre cinesi, anch’esso un frammento strappato a memorie infantili.