Tenore con la passione per la scrittura. Una passione che ha portato il cantante lirico originario di Asti Enrico Iviglia a pubblicare già due libri, dedicati proprio alla sua attività. L’ultimo, “Donne all’Opera-Dialoghi con un tenore” (Team Service Editore), è stato presentato venerdì scorso presso la Biblioteca Civica di Guarene, mentre il 14 dicembre farà tappa a Cuneo.
Iviglia, cos’è per lei l’opera? Cosa le restituisce?
«Una forma d’arte di altissimo livello, che dura da secoli e che mai tramonterà. Più che restituire emozioni a me, vorrei regalare emozioni al mio pubblico: questo è lo scopo principale che mi prefiggo quando salgo sul palcoscenico».
Quali tipi di emozioni riesce a suscitare con la sua arte?
«Quando la gente siede a teatro non ha il telecomando per cambiare canale. Pertanto cerco di assicurare un’interpretazione di alta qualità e di suscitare nel pubblico questo pensiero: “ritornerò presto ad ascoltarlo”. A causa delle forti luci che illuminano il palco, non riesco a vedere bene gli spettatori presenti in sala, ma avverto una presenza “magnetica”, “ricca”. Una linfa vitale per noi lavoratori attivi nel mondo dello spettacolo».
Qual è l’opera a cui è più legato?
«“La Cenerentola” di Rossini, perché esprime fedelmente il crescendo rossiniano ed è una scrittura adatta alla mia tessitura vocale».
Il maestro che l’ha diretta capace di lasciarle qualcosa in più?
«Il maestro Donato Renzetti, al Teatro Carlo Felice di Genova, nell’opera “I Capuleti e i Montecchi”. Un vero fuoriclasse, un uomo colto, di stile. Ottiene quello che desidera senza usare… un’alta voce».
E, invece, qual è il suo rapporto con le donne… all’opera? Lo descrive nel suo ultimo libro…
«Di assoluto rispetto (ovviamente reciproco) non solo con le donne-colleghe protagoniste del melodramma, ma anche con tutte coloro che fanno parte dell’équipe di un teatro».
A proposito di lavoro delle équipe teatrali. Qual è la situazione dopo il lungo “stop” imposto dalla pandemia?
«Finalmente il telefono è tornato a squillare per proposte lavorative di livello da parte di enti lirici italiani e internazionali: dalla “Betly” di Donizetti in Svizzera al “Barbiere di Siviglia” al Teatro Rendano di Cosenza e allo Stadttheater di Dessau, da “Il signor Bruschino” al Comunale di Bologna al “Turandot (Pang)” nella Capitale».
In conclusione, qual è il sogno che vorrebbe realizzare nell’ambito della sua attività?
«Mi piacerebbe spingere l’acceleratore nel campo della tv, promuovendo cultura, parlando di bellezza, non solo relativamente all’opera, ma a tutto ciò che può dare leggerezza alle persone che guardano il piccolo schermo. Sogno che l’opera arrivi a più spettatori possibili. Io ho cercato di farlo anche attraverso i miei due progetti editoriali: il primo libro, “Ad alta voce-Storia di un ragazzo diventato tenore”, e il secondo, “Donne all’Opera-Dialoghi con un tenore”».