Quando, nel 2018, è stato ospite la prima volta di “Deejay chiama Italia”, sentendo la sua storia e l’entusiasmo con cui la raccontava, a Linus e Nicola non pareva vero di avere di fronte un tipo così. Uno un po’ pazzo e infinitamente buono, tanto da indurre subito Nicola Savino a farne un’imitazione in versione malvagia. Ma Massimo Vacchetta, veterinario di Novello che ha trascorso la seconda parte abbondante del suo primo mezzo secolo di vita tra gli animali, prima i bovini d’allevamento e poi tra i ricci feriti, orfani e disabili, è molto più di quello.
«Io sono tutt’altro che perfetto, prima di dedicarmi ai ricci ero piuttosto egoista e legato alle cose materiali», spiega lo stesso Vacchetta, «però penso che anche le persone con tanti difetti come me, possano fare qualcosa di buono».
È un concetto che Vacchetta mette in pratica da tempo, almeno dall’incontro con Ninna, il primo animaletto salvato ormai svariati anni fa e che ha fatto scattare in Massimo la voglia di attivare il Centro Ricci La Ninna, in cui negli anni ha accolto e curato migliaia di esemplari, per poi restituirli sani alla natura.
Una scelta di vita che è stata raccontata in “25 grammi di felicità”, un best seller tradotto in 14 lingue e distribuito in 27 Paesi, cui sono seguiti altri libri e il recentissimo “Raccontami qualcosa di bello”, uscito per i tipi di Sperling & Kupfer. “Raccontami qualcosa di bello”, parla di ricci, certo, ma narra anche la vicenda del salvataggio di Kasya, la delfina che stava morendo di stenti a Teheran (a cui la Rivista IDEA ha dedicato un ampio articolo a inizio 2021), intrecciata con le molte storie di vita e dedizione per gli animali che ogni giorno animano il Centro Ricci La Ninna di Novello. Una vicenda che si sviluppa attraverso i 18 mesi della pandemia, di cui riesce a farci respirare l’impatto sociale e ambientale devastante. È un libro che parla di anima, di persone che aiutano altre persone e animali in difficoltà. Di come la miglior medicina per guarire sia dedicarsi agli altri, aiutare chi è in difficoltà, perché dà un ritorno di bene che è taumaturgico».
Ma partiamo dall’inizio, dalla genesi di un amore che non dà cenno di affievolirsi.
Massimo, perché sono così importanti i ricci?
«L’abitabilità del pianeta è legata alla salvaguardia degli ecosistemi. Il riccio è un indicatore biologico di un ambiente sano. La battaglia per salvare i ricci è la battaglia per salvare il pianeta. Per questo ci terrei a fare un appello».
Di che genere?
«A causa di estati e autunni sempre più miti e prolungati, da una ventina d’anni a questa parte, i ricci hanno cominciato ad avere due parti all’anno anziché uno solo in primavera, come accadeva un tempo. I cuccioli delle nidiate tardive non hanno infatti il tempo necessario per crescere a sufficienza prima dell’inizio della brutta stagione, quando dovrebbero entrare in letargo. Tra di loro la mortalità è elevatissima. Quindi se ancora in questi giorni vi imbattete in un ricco per strada l’invito è di contattarci».
Quali sono i numeri relativi alla popolazione dei ricci?
«In gran parte d’Europa la popolazione di ricci è in forte declino (oggi specie considerata vulnerabile) e si teme che nel giro di una ventina d’anni possano estinguersi. In Gran Bretagna, nell’arco degli ultimi 60 anni, il numero di ricci è calato di uno spaventoso 97%, da 30 milioni a meno di uno!».
A cosa si deve questo crollo?
«Le cause di tale declino sono da ricercarsi principalmente nella perdita di habitat e di biodiversità, nel fortissimo impatto dell’uomo sugli ecosistemi, nelle attività umane (agricoltura intensiva, utilizzo di macchinari agricoli e da giardinaggio, circolazione di veicoli durante la notte) nonché nelle conseguenze del cambiamento climatico. Dopo il lockdown, quando il traffico è tornato ad essere consistente, in pochi giorni sono arrivati 15 ricci schiacciati dalle auto….
Il “riccio day”, organizzato dal centro La Ninna pochi giorni fa serviva a rendere evidenti questi motivi di preoccupazione?
«È stato l’occasione per incontrare gente, presentare il nuovo libro, fare beneficenza e spiegare l’importanza di avere cura di tutte le creature. La scomparsa di una specie dovrebbe preoccuparci, qualunque sia e dovunque sia».