«Questa notte ho dormito direttamente sul divano e mi sono messa la sveglia alle quattro per poter guardare in diretta il Super-G». La contattiamo nel pieno dei Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022, evento che per una ex campionessa come lei non può mai essere un momento qualunque. Stefania Belmondo ci risponde con il solito entusiasmo e l’incredibile passione che l’hanno accompagnata in tutta la sua carriera, a vent’anni esatti di distanza dalle sue ultime tre medaglie olimpiche, conquistate a Salt Lake City nel 2002. Dopo essere stata protagonista per più di tre lustri nello sci di fondo, scrivendo pagine memorabili della storia sportiva italiana e divenendo una vera e propria icona nazionale, oggi, Stefania è carabiniere dell’Unità per la Tutela Forestale, ma soprattutto una grande appassionata delle montagne cuneesi, per le quali da qualche anno, e sarà così anche nel 2022, presta il volto come testimonial per il gruppo editoriale Uniart.
Stefania, il prossimo 24 febbraio ricorrerà il ventennale della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Salt Lake City. Il tempo vola…
«Ahimè, sì (ride, nda). Guardando le atlete in gara durante questi Giochi, ammetto di avere provato un po’ di nostalgia. La passione, però, è quella di un tempo: mi alzo la notte per seguirli in tv, soffro con gli atleti e non potrei mai farne a meno. Per chi come me ha vissuto a lungo “dentro” alla competizione, l’adrenalina è un elemento che non può mancare».
Ha qualche rimpianto?
«Direi di no, perché la mia è stata comunque una carriera contraddistinta da importanti successi. Forse, mi sarebbe piaciuto avere nel palmarès anche una Coppa del Mondo generale, invece mi sono dovuta “accontentare” di quattro secondi posti e di 23 vittorie nelle gare singole. Poi, chissà cosa sarebbe potuto succedere se solo non ci fosse stato il doping…».
Un tema su cui si è sempre battuta molto…
«Sì, perché ritengo che sia il grande male dello sport moderno. Sapere di non poter vincere ed esultare per colpa di possibili azioni illecite da parte di alcuni avversari fa davvero male. Negli anni, però, ammetto che qualche passo in avanti sia stato fatto».
In queste Olimpiadi, la pattinatrice valtellinese Arianna Fontana l’ha raggiunta come atleta italiana con il maggior numero di medaglie vinte, a quota dieci. Le dispiace?
«No, anzi, sono felicissima per lei e spero che possa anche superarmi, perché è una grande campionessa. Abbiamo fatto tanto entrambe, anche se non credo che le nostre due discipline siano realmente paragonabili, perché molto diverse. Nello sci nordico, ad esempio, ci sono tecniche differenti, che impongono a loro volta una preparazione completamente diversa».
La cuneese Marta Bassino, invece, è stata sfortunata nel “suo” Gigante, scivolando poco dopo la partenza. Che consiglio si sente di darle in questo momento?
«Marta è una campionessa e non penso abbia bisogno di reali consigli. Credo, però, che abbia detto lei stessa le parole giuste: si sente bene, era felice, ma è andata così. Purtroppo, questo è lo sport: spesso sono i dettagli a fare la differenza. L’importante, come nel suo caso, è sapere di aver dato il massimo e di essersi preparata al meglio per un appuntamento importante come le Olimpiadi».
Che effetto le hanno fatto le piste ricoperte da sola neve artificiale e circondate da vegetazione spoglia?
«Gareggiare su neve totalmente artificiale non è la stessa cosa per un atleta. Personalmente, avrei faticato ad adattarmi a un contesto così diverso dal mio abituale, fatto di neve e freddo “veri”».
A proposito delle montagne cuneesi… Come avviene proficuamente da diversi anni, ne sarà ancora testimonial per IDEA e IDEAWEBTV.IT…
«Sono molto contenta di collaborare con la Rivista IDEA e IDEAWEBTV.IT, perché si occupano di natura, montagna, ma anche di economia, attualità e tanto altro. Soprattutto, è una vetrina per i nostri luoghi. Raccontarli è molto importante per consentire di farli conoscere in Italia e nel mondo e stimolare la curiosità dei lettori».
Cosa rappresentano per lei le montagne cuneesi?
«I nostri monti sono per me, innanzitutto, sinonimo di casa, perché qui sono cresciuta e qui passo molto del mio tempo libero. Tra queste montagne si può fare sport praticamente sempre: in estate, in mountain bike, bicicletta, scalando o a piedi; in inverno, con gli sci ai piedi e non solo. Le montagne, poi, vanno a braccetto con la parola “ambiente”».
Un termine molto attuale…
«Il connubio tra uomo e ambiente è cruciale. Dobbiamo imparare a curarcene di più, per evitare, ad esempio, che gli inverni senza neve diventino un’abitudine».
Nella sua lunga carriera ha trovato montagne “migliori” di quelle della Granda?
«Il nostro paesaggio ha peculiarità uniche, tra cui la grande varietà di ambienti differenti: ampie pianure, colline, alte montagne, ma anche fiumi e laghi bellissimi. Molti, anche tra ex compagni e avversari, mi hanno fatto notare quanto le apprezzassero. Detto questo, bisogna comunque riconoscere che ci sono scenari fantastici in tutto il mondo: dai vigneti delle Langhe ai monti canadesi, passando per la vegetazione incontaminata del Nord Europa: la Terra ha moltissime ricchezze da preservare e valorizzare. Spetta a ognuno di noi il compito di proteggerle e alle amministrazioni locali quello di pubblicizzarle e farle conoscere a chi arriva da lontano».