Qual è lo stato di salute dell’economia locale? Non molto differente da quella nazionale e internazionale, ormai. Come conferma Franco Biraghi, fondatore di Valgrana: «L’aumento del Pil e il calcolo dell’inflazione non sono reali perché si riferiscono a rilevazioni effettuate alcuni mesi fa e non tengono conto degli aumenti dell’energia e delle materie prime mentre la dura realtà, sotto gli occhi di tutti, ci dice che il Pil reale, depurato da inflazione, sussidi e “artefizi” contabili è in caduta libera e che è iniziata la “decrescita felice” tanto amata dagli ambientalisti da salotto. La popolazione è invecchiata, le persone che lavorano sono sempre meno mentre aumentano quelle in pensione. Sia la produttività che il rapporto tra chi lavora e quindi mantiene chi ha smesso di lavorare o non ha ancora iniziato sono peggiorate drasticamente a causa dei crescenti adempimenti burocratici, del reddito di cittadinanza, di quota cento, dello smart working e delle mille “mancette” che sembrano fatte apposta per incentivare il riposo sul sofà e disincentivare il lavoro serio».
Un sistema che non funziona più?
«Il ragionamento è semplice: si può consumare solo ciò che viene prodotto ma le persone che lavorano per produrre beni e servizi sono sempre meno numerose mentre aumentano quelle che si dedicano agli adempimenti burocratici. Anche se la Bce ci presta i soldi non potremo mai consumare un bene non disponibile».
Si arriverà a un punto di non ritorno?
«Quando le persone non avranno più da mangiare. Avrà visto anche lei che in giro non c’è più alcun prodotto che non sia aumentato almeno del 15 per cento. Poi l’energia è quadruplicata per la produzione e raddoppiata per il consumo domestico. Chi prima spendeva 3 mila euro per il riscaldamento, va incontro a una spesa di 6 mila euro. Piste da sci e ristoranti sono vuoti».
Anche per i carburanti si spende molto di più.
«Un aumento di circa il 30%, conseguenza di un certo oltranzismo ambientalista. Ne dobbiamo tenere conto, magari così si salva il pianeta o magari lo si distrugge? E poi ci sarà chi in questo scenario guadagnerà miliardi. Le società che comprano l’energia e la pagano settimanalmente sono in difficoltà perché con il gas e l’elettricità aumentate di quattro volte sono rimaste senza liquidità».
E la transizione ecologica?
«Prima di fissare delle date dobbiamo disporre delle tecnologie che la consentano».
Eppure voi di Valgrana avete già attenzione per le energie pulite e sostenibili?
«Noi siamo da sempre molto attenti ai consumi energetici e, rispetto ai nostri competitor ossessionati dal marketing, utilizziamo molta meno energia per unità di prodotto, ma anche così abbiamo dovuto sopportare un incremento del costo dell’energia di oltre 150.000 euro al mese».
Le politiche dei contributi alle famiglie non funzionano?
«Sono state dannose. Dovremmo fare come in Francia dove hanno il nucleare, un’energia che ha un costo di produzione sempre uguale. E la loro industria ha spese ridotte di un terzo rispetto a noi. Come possiamo fare? Se abbiamo il metano in Adriatico, tiriamolo fuori, anche perché per importarlo dalla Russia serve un costo maggiore. E poi non si inquinerebbe, parliamo di energia verde. E comunque non sono ancora ben chiare le conseguenze sul clima. L’Europa si sta ricoprendo di foreste. Le montagne un tempo erano campi di pascolo, ora da qui alla Liguria sono solo boschi incolti».
Intende dire che certi cambiamenti ambientali si verificano da sempre?
«Mi hanno insegnato che “nulla si crea e nulla si distrugge”. I laghi in Italia erano ghiacciai e la Groenlandia si chiama così, Isola Verde, perché evidentemente un tempo era un luogo dove faceva caldo. Insomma, temo che su certe fantasie ci sia chi guadagna miliardi».
Ma l’agenda 2030 ci dice che il progetto è globale…
«No, europeo. E dobbiamo confrontarci con il resto del mondo dove ancora si usa carbone. Vogliamo essere i primi della classe ma rischiamo di affondare».
Ci sono segnali?
«In giro si vedono meno automobili, le autostrade fuori dagli orari di lavoro sono vuote».
Nel Cuneese forse va un po’ meglio?
«I ristoranti e i bar sono vuoti e sulle strade circolano pochi camion e poche auto. Martedì mattina, giorno di mercato, sono andato a Cuneo e non ho avuto difficoltà di ingresso in città e neppure di parcheggio».
Cambieremo stili di vita?
«Saremo costretti a ridurre i consumi a cui siamo abituati, non è possibile consumare ciò che non viene prodotto. Ma se la decrescita rende qualcuno felice io non lo sono affatto e questa situazione non solo mi preoccupa tantissimo ma mi rende anche triste».
In Valgrana come affrontate il problema?
«Cerchiamo di risparmiare dove è possibile, evitando spese non indispensabili o senza copertura, come abbiamo sempre fatto. Per questo forse abbiamo meno problemi di altri, ma il grosso problema è quello di tutti, non si riesce a ribaltare, se non parzialmente e in ritardo, l’aumento dei costi sulla vendita».
La qualità non ne risente?
«No, però le aziende non possono andare avanti in perdita. Una persona che conosco mi diceva di non aver mai avuto tanto lavoro come adesso e di non aver mai perso così tanto».
La soluzione passa dai politici?
«Solo se capiscono che il problema li può toccare direttamente ma prima deve capirlo anche la gente. Purtroppo la palla non rimbalza fin che non tocca terra e siamo ancora lontani da questo. Non stiamo pagando solo gli errori degli ultimi anni ma anche quelli del secolo scorso come il nucleare. La politica dovrebbe, prima di fare nuove leggi, rendersi conto delle conseguenze che possono comportare come i recenti cambiamenti alla costituzione passati nel silenzio più assoluto. Ora dobbiamo chiederci: sarà ancora possibile costruire una strada o un’ospedale senza che tutto venga fermato da un ricorso? Fino a quando sarà possibile allevare il bestiame e produrre frutta e vino? Ci troveremo la casa invasa dagli insetti e circondata dai selvatici? C’è da preoccuparsi».