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Con bravi insegnanti mai più altri Putin

Solo la libertà di scelta educativa garantisce ai giovani un futuro senza guerre e dittatori

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«Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri e fattivi negoziati non è mai precluso un onor­evole succes­so» (dal radiomessa­ggio di Pio XII – 24 agosto 1939).
La seconda guerra mondiale è un evento lontano, storicamente e geograficamente. Solo i novantenni lucidi e consapevoli la ricordano con angoscia e con la concreta certezza del dramma che ha rappresentato e che potrebbe rappresentare. Si prega per i popoli in guerra, per le vittime della guerra, ma l’esperienza della parola che si ferma in gola, come mai prima di oggi per quelli della mia generazione, ci fa prendere consapevolezza che è tutto vero. Gli eventi ci catapultano in una realtà tremenda letta solo nei libri di storia.

Oggi la guerra in Ucraina, una guerra che mina gli equilibri internazionali, colpisce l’Europa proprio nel cuore dei diritti fondamentali conquistati sul campo di polvere e sangue: questo aspetto potrebbe stupire e interrogare, mi pare, anche lo studente emotivamente lontano, ma razionale. «Perché?».

A maggior ragione interroga la persona matura che lavora e vive con il suo bagaglio di pseudo sicurezze, soprattutto quando la guerra diventa reale, sfilano i carri armati, le bombe cadono distruggendo, i politici si uniscono intorno al Premier, il Papa invoca la pace, le scolaresche iniziano la maratona delle preghiere: allora si capisce che l’impensabile, l’indicibile è realtà. Il cuore si ostina a non connettersi alla realtà, così terribile, cosi inaccettabile.

Nell’era dei social i messaggi WhatsApp impediscono di non pensare, gli appelli alla pace si susseguono, sino alla telefonata dell’amico in prima linea, da sempre, per la libertà di scelta educativa, che costringe a pensare: «Suor Anna Monia, dobbiamo fare qualcosa, dire ai nostri docenti, ai nostri studenti e alle loro famiglie che siamo vicini al popolo Ucraino, che la guerra non è mai giusta, che solo un pazzo penserebbe di affamare il popolo con un conflitto mondiale». Queste le parole dell’amico Dario Antiseri. Infatti: questa non è guerra di popoli, è un sopruso derivante da un delirio di onnipotenza di una mente ormai ubriaca di potere e sostenuta da un apparato burocratico e militare ottuso e completamente estraneo al senso del diritto internazionale. Non c’è altra spiegazione. Deve essere chiaro ai nostri giovani che, se il popolo ucraino è ucciso fisicamente da questa follia, il popolo russo fratello lo è nella mente, nella impossibilità di pensare, nell’imposizione dell’ideologia. Chi pensa, oggi, in Russia, muore. Questa è un’altissima lezione di civiltà per i nostri giovani: la democrazia non uccide, libera. Solo il rispetto reciproco, la lealtà, il confronto onesto che i nostri giovani iniziano a praticare in famiglia e a scuola possono evitare tragedie a livello internazionale come quella attuale. La scuola ha una responsabilità enorme nei confronti della pace mondiale. In particolare, ce l’hanno i docenti, questa responsabilità: quanto ne sono consapevoli? Quanto sono preparati a questo compito, culturalmente e umanamente?

La scuola italiana deve puntare enormemente sulla preparazione degli insegnanti, di chi educa e forma le generazioni future. Altrimenti a niente servirà la storia, il diritto internazionale, la Costituzione. La violazione di queste norme vitali non è solo frutto di follia, lo è anche, e soprattutto, dell’ignoranza, della superficialità, dell’egoismo. Come formiamo un antidoto nella mente e nel cuore dei nostri bambini e ragazzi? Che tipo di formatori, di educatori stiamo immettendo nelle nostre scuole? Non ci libereremo dal considerare la scuola il più grande ammortizzatore sociale senza la libertà di scelta educativa. Si vedono oggi gli effetti di una educazione di Stato. Il dittatore russo è il frutto di questa linea educativa, nutrita dalla forza delle armi e dalla corruzione ormai esplosa in tutte le sue forme peggiori.

La guerra non è mai giustificabile, perché il suo epilogo è la morte, ma la democrazia la si custodisce presidiando e custodendo i diritti dell’uomo, senza alcun compromesso, incluso quello di studiare e di scegliere dove farlo. Se mio figlio in prima primaria è costretto ad ascoltare le lezioni della maestra che scrive scientemente alla lavagna la parola “boscho”, perché io sono povero e non posso metterlo in una scuola dove maestre così non entrano, non c’è futuro per lui, ma neppure per il Paese nella cui scuola pubblica statale esistono situazioni simili.

Nessun 2 marzo può essere celebrato con verità, se il fondamento della pace non è la cultura, l’educazione ai valori, la lealtà a partire dai rapporti familiari ed educativi in ambito scolastico.

I genitori che hanno il diritto di «istruire ed educare i figli» (art. 30 della Costituzione), il diritto inviolabile per cui «hanno il diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli» (art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo), devono sapere che il dovere degli Stati Europei è di «rispettare il diritto dei genitori di provvedere nel campo dell’insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche» (art. 2 della Convenzione Europea sulla dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo).

Le radici di un Paese europeo unito, capace di custodire i diritti dell’uomo hanno bisogno di competenza, di conoscenza del passato, altrimenti saremo condannati al dittatore di turno.

In questi giorni ripenso a tutte le volte nelle quali abbiamo dimostrato che, senza libertà economica, non c’è libertà educativa e senza questa c’è il monopolio educativo che produce gli stessi danni di qualsiasi monopolio. La guerra è sempre ingiusta, semina morte, affama il povero e non serve a nulla ma, carissimi studenti, la garanzia dei diritti dell’uomo passa dalla garanzia quotidiana e silenziosa dei diritti, perché quando la guerra scoppia non possiamo che affidarci a Dio. Sic et simpliciter.

BaNNER
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