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«Mia nonna guidava fino a Torino per fare impresa»

«Con Arco contribuiamo da tempo a un progetto che si impegna a favore del Santa Croce e Car­le e di buona parte del­la comunità scientifica internazionale»

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Imprenditrice profondamente legata alla provincia di Cuneo e alle sue ec­cellenze, di cui è convinta promotrice, con una for­te sen­sibilità umana; un aspetto, quest’ultimo, che emerge anche dal suo impegno all’interno di realtà di volontariato attive in campo socio-sanitario. È il ri­tratto, cer­tamente non esaustivo, di Chiara A­ste­sana, socio e am­mi­ni­stratore, con i cugini Ce­sa­re e Fulvio, del Gruppo A­stesana di Vil­la­fal­let­to e presidente del Con­sor­zio di Tutela e Pro­mozione del Pro­sciutto “Cru­do di Cu­neo”. La abbiamo intervistata.

Chiara Astesana, il Cuneese sembra avere una sen­sibilità maggiore ri­spetto ad altre realtà per quanto riguarda il ruo­lo delle donne nell’imprenditoria. Cosa ne pensa?

«È vero. La persona che ha messo le basi della nostra azienda, ad esempio, è stata nonna Angela, simbolo dell’imprenditoria “ante litteram”. Rimasta vedova nel 1934, a soli 33 anni, con quattro figli ancora piccoli, si trovò sola a gestire un consorzio agrario».

Una situazione tutt’altro che semplice…
«A quell’epoca, andare al mercato delle granaglie a Torino e raggiungere la città con il treno richiedeva tempi lunghissimi; così, sorprendendo tutti, nonna prese la patente e si comprò un’auto per poter gestire meglio il suo tempo».

Come visse sua nonna quel contesto?
«Ci raccontava, in momenti intimi, quanto fosse stato per lei difficile quel periodo, do­vendo badare responsabilmente alla gestione della fa­miglia, composta da lei, tre fi­gli maschi e una bimba, senza trascurare il suo lavoro che, in ambienti prettamente maschili, era visto con sospettoso dubbio…».

Ma lei fu più forte di ogni dubbio…
«Nonostante queste difficoltà, la sua determinazione le consentì non solo di continuare, ma di migliorare e far progredire l’attività “imprenditoriale” iniziata con tanta passione e portata poi avanti dai figli Mario, Cesare e Gau­den­zio».

Cosa ha rappresentato per lei la figura di nonna Angela?
«Crescere con lei e istruirmi con il suo esempio è stato fondamentale per la mia formazione. Capitale prezioso è stato lavorare al suo fianco e seguire le sue indicazioni che, ancora oggi, a quasi trent’anni dalla sua scomparsa, percepisco quotidianamente in molti momenti della mia giornata e della mia attività lavorativa».

C’è un suo insegnamento a cui fa riferimento in maniera particolare?
«Da nonna Angela ho imparato che, “in primis”, bisogna credere nelle cose che si fanno per poterle realizzare. Af­frontare l’iter della Deno­minazione di Origine Protetta del “Crudo di Cuneo” è stato, anche se faticoso, un impegno che mi ha permesso di acquisire esperienza in termini didattici, amministrativi ed empatici».

A proposito del “Crudo di Cuneo”… Quali sono le ca­ratteristiche che lo rendono unico?

«Il successo che ha oggi sul mercato questo prodotto d’ec­­­cellenza, nel cui valore di nicchia ho sempre creduto, deriva da una tradizione che giunge da lontano e che è sta­ta tramandata di generazione in generazione. La filiera del prosciutto si inserisce a pieno titolo nella “green economy”; infatti, l’intera fase di lavorazione e i severi controlli della certificazione garantiscono il percorso di tutta la produzione, dall’origine al consumo in tavola».

La valorizzazione di questo pro­dotto ha consentito di sviluppare sinergie preziose per la crescita del territorio.
«Il successo, sul mercato, del prosciutto “Crudo di Cuneo” ci ha consentito di poter partecipare e collaborare con altri importanti settori quali la ristorazione, la promozione turistica, le fiere nazionali e i grandi eventi. Il detto “da soli si può correre, ma insieme si va lontano” continua a farmi credere che le sinergie con diversi comparti produttivi possano portare benefici per tutta la comunità».

Comunità di cui, peraltro, lei si prende cura collaborando ai progetti socio-sanitari del­la Fondazione Arco, impegnata nella ricerca clinica oncologica. Cosa significa per lei questo impegno?

«Ritengo che mettere a disposizione il proprio tempo e la propria esperienza sia un “dovere” non solo sociale ma personale. Infatti, far parte dell’associazione “Arco” mi ha consentito di partecipare a un progetto che da anni si sviluppa e si impegna nella ricerca clinica oncologica nel settore di indagine di laboratorio al servizio non solo del­l’O­spe­dale Santa Croce e Car­le di Cu­neo ma di buona parte del­la comunità scientifica internazionale».

Chiudiamo con una domanda sul futuro. Sia in campo im­prenditoriale che sul fronte della promozione del territorio ha già raggiunto importanti traguardi. Ci sono altri progetti che desidera realizzare nel medio periodo?
«Il momento che stiamo vi­vendo, post pandemico e “bellico”, non ci consente, pur­troppo, di avanzare, per ora, nuovi progetti ma speriamo che una prossima, futura, schiarita ci faciliti la possibilità di riprendere e ampliare le iniziative già in atto e ci consenta di elaborarne di nuove, anche di più prestigiose e interessanti».

BaNNER
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