«Automotive e logistica: si riparta da qui»

Il presidente dei deputati della Lega alla Camera Riccardo Molinari indica i settori su cui puntare in Piemonte: «Qui le imprese reggono perché hanno qualità. Il Governo non le ostacoli»

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I venti che soffiano (di guerra e non solo) portano nubi minacciose. Ma il Piemonte cerca co­mun­que di scorgere qualche raggio di sole. Lo si evince dalle parole dell’onorevole Riccardo Mo­li­na­ri. Alessandrino, attualmente è presidente dei deputati della Lega alla Camera e se­gretario della Lega Piemonte.

Molinari, partiamo da Draghi. Soddisfatto del suo operato?
«La scelta di Draghi è stata un’esigenza dettata dalla necessità. Un Governo come questo, che conta in maggioranza praticamente tutti i partiti, è sicuramente un esecutivo migliore e più strutturato rispetto a quello di Conte, specie del Conte 2…».

Quindi, tutto rose e fiori?
«Resta il problema di fondo di questa legislatura, ovvero la ne­cessità di contenere i grillini. Detto ciò, considerato il contesto, caratterizzato dall’emergenza sanitaria e ora pure della guerra, quella di Draghi è la mi­gliore figura possibile».

Chi è il suo premier ideale?
«Deve essere l’espressione dei partiti che hanno vinto le elezioni, ovvero l’espressione della volontà popolare. Sa­rebbe un primo ministro sicuramente più legittimato a operare».

Come sta il centrodestra?
«Non tutti i partiti del centrodestra sono strutturati allo stesso modo. La votazione sulla presidente Casellati è stata l’esempio lampante, dato che alla candidata del centrodestra sono mancati parecchi voti del suo partito e dell’area centrista».

Spaccature interne sarebbero particolarmente dannose, non crede?
«Ora il nostro compito è quello di limitare le tensioni e de­finire con precisione l’obiettivo politico del centrodestra e il suo perimetro. Lo si fa responsabilizzando tutti e imparando da quella brutta pagina in modo da non commettere in futuro gli stessi errori».

Come si configura il centrodestra che ha in mente?
«Sono convinto che si debba la­vorare per avere un centrodestra dal perimetro più ampio possibile, a patto che ci sia la volontà da parte di tutti. In caso contrario, è necessario che ognuno prenda la propria strada e inizi a fare ragionamenti diversi. Ma io resto comunque dell’idea che anche l’incidente sull’elezione del Presidente della Repubblica possa permetterci di rafforzare la coalizione. Il centrodestra non può e non deve dividersi, prima di tutto perché gli elettori di questa area non lo vogliono. E poi dividersi significherebbe danneggiare pure sé stessi, oltre che l’intera coalizione».

E la Lega come si pone?
«In tale scenario, in cui c’è qualcuno che sta cercando di portare a livello territoriale le tensioni nazionali, la Lega, conscia di avere la responsabilità del principale partito del centrodestra, sta cercando di fare da pompiere. Come finirà? Con il buon senso. Quel buon senso che ci permetterà di presentarci uniti alle prossime elezioni e di vincerle».

Intanto, c’è la questione Co­vid da chiudere. Il 31 marzo finirà lo Stato di Emergenza e con lui il green pass?
«È quello che abbiamo chiesto, ovvero che il 31 marzo, con la fine dello Stato di Emergenza, vengano meno tutti gli strumenti connessi all’emergenza Covid, green pass in primis».

È fiducioso?
«Abbiamo presentato un emendamento all’ultimo Decreto Co­vid ma è stato bocciato. Ab­biamo anche incontrato il ministro Speranza, evidenziando la necessità di superare le attuali misure. In tutta Europa il green pass è ormai uno strumento superato. Perché tenerlo in Italia?».

Ora ci sarà da fronteggiare anche l’emergenza umanitaria, conseguente alla guerra in Ucraina…
«Fin da subito, in tutti gli amministratori della Lega c’è stata la massima disponibilità a dare accoglienza ai profughi ucraini che fuggono dalla guerra. Il nostro segretario Matteo Salvini si è recato personalmente nelle zone di confine con l’Ucraina per monitorare la situazione e assicurare aiuto. L’importante è che ora non si chieda ai Sindaci di sposare il sistema di accoglienza reintrodotto dal precedente Governo, cosa che porterebbe gli enti locali ad accogliere pure mi­granti economici…».

C’è anche l’emergenza energetica che incombe. Il pacchetto da 8 miliardi è sufficiente?
«Non è sufficiente, ma è già qualcosa. Peraltro, se non fosse stato per l’insistenza della Lega, non ci sarebbe stato nemmeno questo. Noi parliamo del “caro energia” dall’autunno scorso… Sareb­be­ro serviti almeno 30 miliardi; il pacchetto da 8 può dare un contributo. Ma la cosa più importante di quel decreto sono le misure connesse, ovvero il fatto di riprendere a lavorare per avere un’autosufficienza energetica del Paese».

Da dove si parte?
«Dal fare nuove trivellazioni e dall’ampliare quelle già esistenti. E poi c’è la misura, fortemente voluta dalla Lega, che prevede un finanziamento di un miliardo di euro all’anno, da qui al 2030, per il potenziamento dell’automotive».

Aggiungiamo le risorse del Pnrr. Il “suo” Piemonte è pronto a cogliere le opportunità?
«Abbiamo ottenuto un risultato molto importante per il Pie­monte, grazie alla mozione sulla rigenerazione urbana di cui sono primo firmatario, che ha rifinanziato con altri 900 milioni di euro tutti i progetti che erano rimasti scoperti, in molti casi solo perché riguardavano comuni virtuosi. Un’as­surdità».

Quali scenari attendersi?
«Mi aspetto misure strutturali e scelte “di campo” significative a favore dei settori industriali ed economicamente strategici, co­me ad esempio l’automotive, settore essenziale per il Piemonte, ma non solo, che necessita di una strategia na­zionale, in modo da dare risposte sul fronte occupazionale e anche della formazione e della ricerca».

Altri ambiti su cui concentrare gli sforzi?
«L’agricoltura. Serve un piano specifico capace di dare risposte alle tante questioni aperte: dai concimi azotati al “caro carburanti”, dalla disponibilità di grano alla peste suina. Noi, entrando a far parte del Go­verno, siamo già riusciti a ottenere un raddoppio dei fondi. E poi c’è il tema della logistica che può rappresentare un’altra grande opportunità».

Il ruolo del Governo?
«Purtroppo ci troviamo costretti a inseguire un’emergenza die­tro l’altra, cosa che non consente di avviare ragionamenti di prospettiva. Nell’immediato, dunque, l’attenzione sarà sui settori più colpiti dall’emergenza sanitaria e su quelli più coinvolti dagli effetti della guerra. Penso, ad esempio, al settore vitivinicolo, con il Moscato che ha nella Russia uno dei principali mercati di esportazione».

È fiducioso per le imprese piemontesi?
«Le imprese piemontesi reggono perché sono dotate di grandi qualità, sia nella zona dell’Albese e del Cuneese, dove il modello consolidato è quello veneto e brianzolo di aziende medio-piccole, sia nell’Alessan­drino, nel­l’Asti­gia­no e nel To­rinese, dove prevale il modello delle industrie di grandi dimensioni».

Come hanno raggiunto l’eccellenza?
«Hanno saputo puntare sull’innovazione e hanno dato valore al capitale umano. Come Go­verno, dovremo essere bravi a tutelare queste realtà, senza ostacolarle con burocrazia, tas­se e complicazioni varie».

Le prossime sfide per le im­prese del Piemonte?
«Far fronte al cambiamento epocale che stiamo vivendo: il modello globalizzato che abbiamo conosciuto finora è destinato a mutare; dovremo tornare a pensare a un mondo diviso in blocchi, cosa che porterà le imprese a dover ripensare i propri mercati. Ma, come dicevo, le aziende piemontesi hanno le capacità, la visione e i talenti necessari».