Cassandre è la giovane hostess di una compagnia aerea che richiama indiscutibilmente nei colori e nelle divise la popolarissima Ryanair. Non solo: è anche l’emblema di una generazione. Come da titolo, la “Generazione Low Cost”, nel film che in lingua originale suona anche peggio (“Rien à foutre”) e che racconta appunto la vita di una giovane donna, l’attrice francese Adèle Exarchopoulos, sospesa tra un tempo di volo e l’altro, costretta ad accogliere i viaggiatori con un sorriso sempre uguale e al tempo stesso l’urgenza aziendalista di vendere prodotti a chi sale a bordo. La destinazione giornaliera cambia di volta in volta, è sempre una parentesi prima di un’altra partenza e in mezzo a tutto questo non-tempo la protagonista non trova mai una risposta definitiva. E allora sceglie l’oblio, rappresentato dalle avventure via Tinder ad ogni scalo aereo, tra una vuota chiacchiera con le colleghe e l’avventura di una sera con uno sconosciuto. Poi si riparte.
La prima parte è molto convincente, autentica, rappresenta una realtà che tutti noi consociamo. L’altra metà si perde un po’ nella retorica, peccato. Il film smantella il sogno di viaggiare, l’ambizione di diventare hostess. E le logiche del mercato, il low cost imperante, non sono altro che la causa principale dello spaesamento di un’intera generazione. Forse anche di tutti noi mentre attraversiamo questi anni che – come certi voli aerei – sembrano non avere tempo, sono un continuo presente, non hanno prospettive se non quella della prossima destinazione. Ma che cosa ci sia oltre, nella vita, non è più dato sapere. Da un lato è una dimensione rassicurante, che isola dai problemi e nel caso di Cassandre anche da sé stessa. Lei non ha tempo e non ha voglia di costruire legami, l’azienda non vuole che lei abbia legami. Il sistema vince. E tutti noi, assieme a Cassandre, perdiamo.