Vincere una tappa al Giro è uno dei traguardi più grandi per un ciclista. L’albese Matteo Sobrero c’è riuscito e lo ha fatto in uno dei modi più belli: con la maglia tricolore addosso e surclassando nettamente gli avversari che, nella frazione conclusiva della Corsa Rosa 2022, la cronometro di Verona, si sono dovuti accontentare delle briciole. Nonostante ciò, Matteo non si è scomposto. A Montelupo Albese, il suo paese d’origine, nelle Langhe, si è emozionato quando i suoi concittadini si sono radunati per festeggiarlo. A casa non si è negato a parenti e amici che volevano abbracciarlo. Insomma, ha messo le ali alla bici, ma non ai piedi, che restano ben ancorati a terra, a quelle vigne in mezzo alle quali è cresciuto e che continua ad amare.
Sobrero, ora che è passato qualche giorno, ha capito bene ciò che ha fatto?
«Sul palco e nelle interviste del dopogara, in effetti, non avevo ancora realizzato… Poi, tornato a casa, assieme alla stanchezza, è esplosa la gioia».
Cosa prova?
«Un’emozione speciale, particolare. E le assicuro che non lo dico per circostanza».
Quali immagini le sono rimaste impresse?
«Il pubblico che mi incitava in salita, l’Arena di Verona e, poi, l’onore di gareggiare con la maglia di campione italiano».
La dedica?
«Alla mia squadra, la BikeExchange. Se la merita tutta. Mi ha messo nelle condizioni di esprimersi al meglio. Mi ha dato la possibilità di migliorarmi nella specialità che preferisco, la cronometro. E, durante il Giro, ha fatto in modo che arrivassi pronto alla crono finale. Grazie davvero».
Lei, dal canto suo, ha saputo gestirsi bene.
«Dopo la cronometro iniziale in Ungheria, speravo di poter dire la mia in qualche tappa di media difficoltà ma nelle prime due settimane non riuscivo proprio a essere brillante. Faticavo molto, mi staccavo».
Come mai?
«Non so dare una spiegazione precisa. Anche perché mi ero preparato bene. Era il mio terzo Giro e avevo messo nelle gambe i chilometri necessari».
Un’idea se la sarà pur fatta…
«Visto che è successo a tanti altri corridori in gara, credo abbia influito il caldo esagerato».
E così?
«Nonostante ci fosse la voglia di fare bene, ho dovuto stare sulla difensiva e stringere i denti».
Poi cosa è successo?
«Nella terza settimana la situazione è decisamente migliorata e, con la squadra, abbiamo deciso di risparmiare energie e di puntare tutto sulla cronometro di Verona».
Conosceva il percorso?
«Non lo avevo mai fatto in bicicletta, se è quello che intende. Però l’ho studiato e soprattutto ho effettuato due ricognizioni nella mattina della gara. In ammiraglia c’era il ds Marco Pinotti, uno specialista delle crono. Io gli facevo registrare i punti chiave e lui mi dava dei consigli mirati, su come affrontare una curva o sulla traiettoria da scegliere».
Avvertiva la tensione?
«Sì, ma è normale. Sarebbe strano il contrario. L’importante è riuscire a gestirla».
Nella cronometro l’ha aiutata anche il lupo che aveva sul caschetto, non crede?
«Può essere! (ride, nda) È stata una sorpresa: me lo ha preparato un amico, che realizza anche i caschetti per Filippo Ganna. Mi ha raccontato che inizialmente, visto che si correva a Verona e che io provengo da una famiglia di vignaioli, voleva personalizzarlo con Bacco. Poi, però, pensando al mio paese, Montelupo, è nata l’idea… del lupo. Ha portato fortuna: credo lo indosserò ancora».
A proposito, Montelupo le ha riservato un caloroso abbraccio.
«È stato bellissimo, così come mi hanno fatto piacere i tanti messaggi che ho ricevuto. Ho cercato di rispondere a tutti».
Ora cosa cambia?
«Assolutamente niente! Guardo già alle prossime gare: Giro di Slovenia (dal 15 al 19 giugno) e Campionati Italiani (dal 22 al 26 giugno). Poi vedremo come affrontare la seconda parte di stagione, anche se un obiettivo ce l’avrei…».
Siamo tutt’orecchi.
«Disputare i Campionati del Mondo in Australia, la nazione del mio team».
Dai lupi ai canguri, insomma.
«Sarebbe davvero bello».
Lo dica al ct Bennati…
«A Verona non sono riuscito a incontrarlo, ma poi mi ha scritto… (ride, nda)».