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«Sanzioni dolorose più per l’Italia che per la Russia»

Sandra Amurri: «Noi in crisi, mosca è protetta dalla cina»

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È ancora possibile, oggi, assumere in­for­mazioni – anche di segno opposto tra loro – e poi elaborare una libera opinione? E si può avere un’idea diversa dalla maggioranza? In questo caso, c’è un limite? Quante domande per Sandra Amurri, l’ospite fissa di Massimo Giletti che apparentemente non teme di superare quel limite.

Quanto è difficile il suo ruo­lo?
«Non so se sia difficile, però so come sono: una persona libera di testa, le mie analisi le faccio leggendo varie opinioni. Il risultato è che posso avere posizioni non convenzionali».

Ma ascoltare tante voci è il compito di ogni giornalista.

«Dovrebbe esserlo. È la ragione per cui l’informazione in Italia sta conoscendo uno dei suoi momenti più bassi. Sa­rebbe un discorso molto lun­go, incide l’assenza di editori puri per una vera libertà d’informazione: ce la spacciano come tale, non è così. As­si­stiamo a tante interviste in cui si pongono le domande che in genere l’intervistato richiede».

Perché si è arrivati a questa situazione?

«Intanto non esistono più scuole di giornalismo serie e non ci sono quelli che insegnano il mestiere. Io per fortuna ho avuto un maestro come Enzo Biagi che prendeva l’articolo, lo leggeva e magari lo cestinava se non andava bene. Poi ti spiegava perché lo faceva. Va detto però che oggi questi ragazzi sono sottopagati. Assunti? È una parola grossa».

Anche il livello della politica, per dire, si è abbassato.
«Dal punto di vista morale, etico e culturale questo paese sta vivendo un momento negativo. Da una crisi economica, come avvenuto dopo la guerra, si può rinascere. E noi, come popolo, ne abbiamo dato pro­va. Ma rinascere da una crisi morale è difficile se gli unici valori sono potere e soldi».

C’è un sistema che non funziona più e nessuno se ne ac­corge?
«A volte dico che siamo ormai come in una riserva indiana. Quelli che percepiscono il problema sono pochi. Nel dibattito pubblico non c’è più contraddittorio. A me piace mettere le idee sul tavolo del confronto, ma oggi c’è una rimozione delle idee diverse. Una cosa pazzesca».

Lei è spesso al centro di polemiche per le sue posizioni sulla guerra in Ucraina.
«Credo che sia giusto porsi delle domande. Vi racconto un episodio: quando lavoravo per Epoca, sono andata in Co­lombia per un servizio sul narcotraffico. Arrivata all’aeroporto di Cartagena, blindato perché era in arrivo Fidel Castro, avevo appuntamento con una guida del posto, una ragazza insegnante di filosofia che mi dice: “stasera ho un impegno, ma se vuoi puoi venire. Siamo a cena a casa di Gabriel Garcia Marquez, sono amica di sua moglie…”. Accetto e mi ritrovo al cospetto del grande scrittore. Gli chiedo del suo rapporto con Fidel Castro, sempre conflittuale. Lui mi risponde: “questa è la magia del confronto, quando si fa aspro senti nascere un’alta affinità”. Sono parole che ho scolpite nella memoria. È ciò che manca nel dibattito dell’informazione».

Perché i ricorrenti attacchi a Massimo Giletti?

«Perché come gli dico spesso, lui è un “conservatore anarchico”. Se pensa che una cosa sia giusta, la fa anche se spezza gli equilibri. Poi non gli perdonano nulla perché non fa parte del­la compagnia di gi­ro».

In che senso?
«Ma lo sa che tutti i giornalisti in video hanno un agente? Sono tutti già piazzati. Se io ho un agente? Non scherziamo».

Cosa risponde a chi l’accusa di essere “putiniana”?

«Se essere putiniana significa avere dubbi, non so. Ho visto liste di proscrizione… Però allora va bene far parte di circoli come il Bilderberg? Per me è una cosa orribile. Io voglio capire, non mi accontento di verità preconfezionate. Poi di Zelensky penso molto male, penso che l’Ucraina non sia mai stata una democrazia. E però non vuol dire giustificare una guerra».

E il suo viaggio a Mosca?

«O stai di qua o di là. Io volevo andare a vedere. Non ho trovato una situazione catastrofica come viene dipinta. Le vere sanzioni le hanno inflitte a noi. La Cina ha fatto fronte all’emergenza russa, mentre noi stiamo morendo per i prezzi altissimi, il gasolio alle stelle… Io, per esempio, sono golosa di pannocchie (o canocchie) e il mio pescatore di fiducia l’altro giorno mi ha detto: quanto mi spiace, devo vendertele a 22 euro al chilo. Sai quanto mi costa un pieno di gasolio?».

È il cosiddetto paese reale?

«A chi comanda non interessa, è come se non lo vedessero. Ma dove vivono? Anche sulla guerra, l’opinione pubblica non è con loro. Era la politica a dover affrontare per tempo questo conflitto per evitarlo, prima che cominciasse. Ma la politica non c’è, manca un pensiero lungo, la capacità di guardare oltre. E nessuno che parli al paese. Per fortuna che qualche mente lucida esiste ancora: sono stata alla presentazione del libro di Luciano Canfora e gli ho confidato: sai che dico le tue stesse cose?».

Il professore sostiene che “bianco e nero sono spiegazioni facili, ma quasi mai vere”.

«Se sei una persona libera mentalmente, non puoi che vederla così».

Le arrivano molte minacce?
«Di tutto. Tollero, ma se poi esagerano, prima blocco e poi querelo. Recentemente c’è sta­ta l’udienza per la querela a Selvaggia Lucarelli. Aveva scritto su il Fatto Quotidiano (che io ho contribuito a fondare e che ho lasciato quando ha perso la sua missione, con Travaglio direttore) un articolo di gossip sulla Pascale, ex di Ber­lusconi, con un’allusione pesante a Fiorella Mannoia, mia cara amica. Ho scritto un commento su Facebook e lei in tutta risposta mi ha dato della “licenziata livorosa”. Peccato che in udienza Travaglio abbia dovuto dire la verità, cioè che sono stata io a volermene andare da il Fatto Quotidiano».

All’estero le cose vanno me­glio?
«Il New York Times è da sempre un giornale filogovernativo eppure attaccò Obama e ora ha preso posizione, sulla guerra, anche contro Biden. Cos’è la democrazia senza l’autonomia dell’informazione? Ma oggi l’informazione non scinde le opinioni dai fatti. E allora mi metto nei panni del cittadino che non ha accesso ad altre fonti. Ma perché i politici ormai organizzano conferenze stampa senza domande?».

Come vede questa guerra?
«Dissi subito che temevo un Vietnam europeo, mi pare che non si intravveda la fine. Nes­suno ha mai cercato seriamente la pace, altrimenti quello che accadde nel 2014 non sarebbe stato ignorato. Io e Giletti siamo stati attaccati per aver ospitato in trasmissione il giornalista russo Vladimir Solo­vyev, pochi giorni dopo lo abbiamo visto da Bruno Vespa e nessuno ha detto nulla. Sono andata a cercare cosa diceva Vespa nel 2017, c’è un video: diceva che avremmo dovuto smetterla con le basi Nato in Polonia perché la Russia avrebbe reagito. Questo non giustifica la guerra, però anche nel Don­bass ci fu una carneficina di bimbi. Le guerre sono sempre un orrore, ma questa è una guerra mediatica e di propaganda su entrambi i fronti».

BaNNER
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