Alto contrasto | Aumenta dimensione carattere | Leggi il testo dell'articolo
Home Articoli Rivista Idea Biodiversità, l’essenza in un menù autentico

Biodiversità, l’essenza in un menù autentico

Gemma, la cuoca delle Langhe per eccellenza, celebra il progetto italo-francese “Biodiversità Stellata” immaginando un pranzo a base di erbe spontanee: «Evocano emozioni che appartengono alla collettività»

0
211

«Buoni. Tanto buoni. Buoni che emozionano…». Quando parla dei ravioli alla borragine, Gemma Boeri si illumina. «Lo dico in generale, non pensando necessariamente a quelli che preparo io – puntualizza la proprietaria della storica osteria di Roddino che porta il suo nome -. In quei “plin” c’è un ripieno speciale».
Abbiamo interpellato la cuoca delle Langhe per eccellenza con un obiettivo preciso: far comprendere come le erbe spontanee al centro del progetto italo-francese “Biodiver­si­tà Stel­la­ta/Bio­di­ver­sité Étoilée” – promosso dal Comune di Alba assieme ai partner Le Bourget-du-Lac, La Motte-Servolex, Comune di Cogne e Gal Langhe Roero Leader, sotto il cappello di Alcotra Interreg V-A – costituiscano un elemento essenziale della cultura identitaria e gastronomica territoriale.

Ma torniamo ai ravioli alla borragine e al loro ripieno “speciale”. «Non serve nessun ingrediente segreto – prosegue Gemma -. La borragine, nella sua semplicità, va oltre il gusto e, unendosi con la pasta all’uovo fatta a mano e con la ricotta, diventa un racconto, parla di tutto quello che sono le colline, della natura che le circonda, delle persone che le abitano o che le hanno abitate».

E lo stesso vale per la variante preparata impiegando la pianta del papavero. «Va presa prima che sboccino i fiori. Regala anch’essa un ripieno straordinario». Borragine e papaveri, dunque. Ma di versioni alternative se ne potrebbero immaginare altre. Tutte unite da un denominatore comune: le erbe spontanee che crescono tra vigneti e noccioleti dell’Albese o lungo i versanti transfrontalieri. Erbe che, appunto, “parlano”, emozionando. «Sono sta­te mia nonna e mia mam­­ma a farmele conoscere – racconta Gem­ma, con gli occhi pieni di commozione -. An­dava­mo a raccoglierle assieme, nei campi op­pure lun­go le strade. Oggi le rac­colgo an­cora io ma c’è anche qualche pa­rente che me le porta. In primavera, so­no gli in­gredienti mi­glio­ri».

E i modi per declinarle in cucina sono tanti. Tutti semplici, ma capaci di esprimere al meglio l’essenza della biodiversità vegetale.
«Con le erbe selvatiche, oltre ai primi piatti – spiega la cuoca -, si possono cucinare antipasti e contorni. Penso soprattutto alle insalate. Le preparo con la cicoria, il tarassaco e, a volte, con i fiori delle primule, con l’insalata del bastone o con la pimpinella. Poi le servo quasi al naturale, condendole soltanto con un pizzico di olio o aceto. Oppure le frittatine…». Qui si apre un capitolo, anzi, un menù, a parte: «Si tratta – precisa la ristoratrice – delle tradizionali frittatine all’uovo che, però, in questo caso, sono rese straordinarie dal sapore delle erbe selvatiche: ancora cicoria, tarassaco oppure papavero. Ogni tanto, poi, aggiungo la menta oppure la salvia». E, una volta spadellate, anche loro si mangiano praticamente al naturale, proprio come le insalate: «Al massimo, possono essere accompagnate con qualche fetta di pane, meglio se quello di campagna».

Via via che il pranzo “selvatico” prende forma, le erbe continuano a evocare ricordi. Ricordi del passato che fanno parte di un modo di essere divenuto nel tempo patrimonio collettivo ed espressione straordinaria di territori autentici. «Mia mamma – osserva la cuoca – ci diceva che molte di queste erbe avevano proprietà depurative e benefiche per l’organismo e così, ogni primavera, per otto-nove giorni, ci somministrava una dieta a base di frittatine e insalate alle erbe selvatiche… Un servizio doppio!».
Sorride, Gemma, immaginando già la prossima portata. «Le erbe spontanee sanno regalare suggestioni speciali an­che quando si trovano ad accompagnare i secondi, specie quelli di carne – sottolinea la cuoca -. È il caso, ad esempio, dei “livertin”: li preparo come dei normali asparagi, bollendoli e poi servendoli con un po’ di olio e magari una spolverata di parmigiano».

A fine pasto, le erbe selvatiche possono diventare pure dolci peccati di gola, «basti pensare – conclude Gemma – alla marmellata di sambuco oppure ai “digestivi”, come il classico limoncello oppure a quello che preparo mettendo a bagno nell’alcol le foglie di basilico». Insomma, delizie nella delizia che completano un viaggio straordinario nella biodiversità: salvaguardare questa autenticità è una sfida che dobbiamo vincere tutti assieme.

BaNNER
Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial