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Dallo spazio una risposta alla crisi idrica delle nostre regioni

«La scarsità di risorse idriche non può essere attribuita unicamente alle condizioni climatiche. Per questo servono interventi strutturali»

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L’Italia sta vivendo una delle crisi idriche più gravi degli ultimi decenni. Gran parte della colpa è attribuibile al caldo eccezionale che sta attanagliando il nostro territorio già da qualche settimana, causando gravi e perduranti fenomeni di siccità (i più gravi degli ultimi 16 anni) specialmente nelle Regioni del Nord Italia, dove l’approvvigionamento idrico dipende in gran parte dai propri bacini fluviali: basti pensare che nel delta del Po si è registrato un valore di 160 metri cubi al secondo mentre l’anno scorso ce n’erano 1000, e il cuneo salino è arrivato a 30,6 chilometri, un record in negativo.

Sono questi dati che hanno spinto il Governo a dichiarare lo stato di emergenza per cinque regioni (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto) e a stanziare circa 37 milioni di euro a loro favore per impedire ulteriori danni che, fino ad ora, ammontano già a oltre 1 miliardo di euro. Secondo l’ultima ricognizione fatta con le Autorità d’ambito e una da mappatura precisa emerge che sono più di 250 gli interventi necessari per la rete idropotabile per fronteggiare le criticità.

Ed è qui che, a mio parere, sta il vero problema: la scarsità di risorse idriche non può essere attribuita unicamente alle condizioni climatiche – che pure quest’anno sono particolarmente dure -, ma anche al vastissimo utilizzo dell’acqua potabile a scopo agricolo (in Italia circa il 70%) e ad una rete idrica estremamente inefficiente e lacunosa (in Italia in media il 42% dell’acqua viene persa durante il trasporto, con punte dell’80% in alcune Regioni).

Per far fronte a questo male cronico dei nostri territori, ci siamo affidati fino ad ora ad interventi di manutenzione a macchia di leopardo su una rete idrica ormai datata e incapace di sostenere gli alti volumi necessari sempre di più per la produzione agricola e, in generale, per il ciclo produttivo.

Per questo servirebbero interventi strutturali, e in tal senso ci può venire in aiuto l’Europa: i servizi spaziali e le tecnologie per l’osservazione della terra e di posizionamento sono in grado di fornire mappe dinamiche per l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse idriche e per il monitoraggio dello stato della rete idrica. Stiamo parlando del cosiddetto settore downstream delle applicazioni e dei servizi spaziali.

La Strategia Spaziale europea definita nel 2016 ed il regolamento che istituisce il nuovo programma spaziale europeo hanno posto entrambi le basi per promuovere un mercato europeo del settore downstream ma, ad oggi, mancano ancora le condizioni per sfruttare tutto il potenziale di questo settore tecnologico.
È evidente che un più efficiente utilizzo delle risorse ridurrebbe de facto i costi (anche ambientali) migliorando al contempo la resa produttiva.

Per tale motivo ho presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere come intende impiegare i programmi spaziali europei attualmente in corso (Galileo/EGNOS e Copernicus) per rispondere alle esigenze di efficientamento della rete idrica.

BaNNER
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