Cento mila euro per un piano straordinario di interventi a garanzia del servizio idrico nei territori più colpiti dalla siccità di questo 2022 e che, a causa dei cambiamenti climatici, sono destinati sempre più a essere zone “fragili” dal punto di vista dell’approvvigionamento di acqua potabile.
La conferenza d’ambito (l’organo deliberante di cui fanno parte i rappresentanti delle 8 aree omogenee della pianura, delle 15 Unioni montane e della Provincia) dell’Ato 4 Cuneese, nelle scorse settimane, aveva ritenuto opportuno «intensificare azioni valutative, di studio e progettuali al fine di definire un Piano straordinario di interventi a garanzia del servizio idrico particolarmente per le Terre Alte, le aree montane e pedemontane sulle quali si stanno evidenziando le maggiori criticità».
L’Ato4 ha quindi deciso di:
1. chiedere a CoGeSI (il gestore affidatario unico del servizio idrico nell’Ato) di attivare urgentemente un’attività di studio e progettazione utile per definire un Piano straordinario di interventi a garanzia del servizio nelle aree montane e pedemontane;
2. al riguardo, di assegnare a CoGeSI un contributo sino a 100.000 euro.
Il 2 agosto il presidente dell’Ato Mauro Calderoni ha incontrato i vertici di CoGeSI (il presidente Emanuele Di Caro e i tecnici) per una prima valutazione sull’avanzamento dell’attività di studio e progettazione.
«Abbiamo condiviso – spiegano dall’Ato -che occorre accelerare la ricognizione delle opere di invaso/stoccaggio/accumulo di acqua già esistenti sul territorio cuneese sia come opere già utilizzate sia, soprattutto, gli impianti ad oggi poco utilizzati o dismessi che potrebbero essere recuperati/ristrutturati, potendo incamerare preziosa risorsa idrica nei mesi più piovosi per renderla disponibile in estate. Sarà quindi definita un’analisi sul potenziale dei bacini idrici presenti nell’arco alpino cuneese ed il perimetro di indagine sarà relativo sia agli invasi presenti sia alle cave dismesse».
Le prime verifiche preliminari hanno già fornito elementi interessanti. «Gli invasi esistenti – precisano i tecnici Ato – sono circa 190, di cui 180, quindi la quasi totalità, sono abbastanza vicini, nell’ordine di 1 km, ad impianti e reti acquedottistiche che potrebbero essere servite dagli invasi stessi».
L’attività progettuale potrà portare un contributo non soltanto per il miglioramento del sistema idropotabile, ma potrà fare emergere anche opportunità per altri usi che potrebbero trarne beneficio come, ad esempio, il sistema irriguo. Il presidente Calderoni ritiene fondamentale questa “visione d’insieme”, valutando che sia importante portare avanti azioni ed interventi mirati ad un uso plurimo della risorsa-acqua.
Si è concordato di procedere con un programma di lavoro per step. Ovvero entro il 2022 ci sarà un primo studio complessivo che permetterà, poi, nei primi mesi del 2023 di orientare meglio le scelte e le attività di progettazione di dettaglio.
Studio e monitoraggio vanno di pari passo con un’attività concreta che è già stata messa in atto negli ultimi mesi, quella di riduzione delle perdite idriche dagli acquedotti.
c.s.