Quella geniale invenzione di Silvia

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Ago e filo mossi dalla mente di Silvia possono diventare utili linee tratteggiate nelle vite degli altri.
Ogni abitazione racchiude volti e storie e nelle vite degli altri scopriamo narrazioni semplici, complesse ma tutte degne di essere ascoltate, di trovare parole, di essere cucite. Questa storia si delinea proprio con ago e filo, da un maledetto referto, inchiostro su carta che diviene goccia che fa sgretolare castelli di sabbia.

Silvia Bima, donna, moglie e madre di Cuneo, a cui è stato diagnosticato un tumore nel mese di Aprile 2022, si è ritrovata dunque a dare un nome a quel dolore che richiedeva esami e approfondimenti, un dolore che sperava si spegnesse in una semplice indicazione di dormire in una posizione differente o di regolare l’alimentazione e, invece, da quel giorno ha dovuto modificare la struttura di un percorso di vita che non le apparteneva, da quel momento si è dovuta scontrare con un nuovo senso del tempo che lo rende pieno, che lo rende veloce, che lo rende infido nemico, che lo rende oggetto di preghiere e speranze.

Iniziano così per Silvia settimane di cura e chemioterapia e si ritrova in una stanza, tre letti, altre persone con cui scambia fugaci saluti, sentire le esperienze degli altri rende ancor più cupo quello spazio fra quattro pareti, si donano sorrisi sinceri, non occorrono parole. È proprio in quella stanza che Silvia osserva ed è proprio lì che nasce l’idea di Elastè.

Durante la chemioterapia, e non solo, ad ogni paziente viene applicata una pompa elastomerica ovvero un dispositivo medico per l’infusione continua di anestetici, analgesici, antinfiammatori. «È una sorta di flebo – ci spiega la stessa Silvia – immaginatela come una bottiglia di plastica rimossa una volta terminato il farmaco e occorre, quindi, trascorrere intere giornate, intere notti, portandosi addosso questo contenitore, facendo attenzione a non piegare, schiacciare o incastrare il filo».

I primi tre giorni di elastomero sono bastati per far trapelare le difficoltà insite nel marsupio o nella borsa di tessuto forniti dall’ospedale, così Silvia comincia a cucire un modello di canottiera capace di ovviare a quei difetti che rendevano ancor più complessa la convivenza con l’elastomero, con quel simbolo che ti ricorda che stai cercando di vincere.
«Ho studiato e realizzato una soluzione comoda, confortevole, completamente morbida, facilmente indossabile in grado di proteggere l’elastomero e l’intero filo, tenendo in una posizione fissa e ferma l’intero dispositivo» ci dice la signora Bima. E aggiunge: «Durante i giorni di terapia si è debilitati, stressati, sono giorni faticosi per tanti motivi ed esser tranquilli che la pompa sia sistemata bene è di gran conforto».

Cucito e indossato rivelava la sua utilità, la sua efficienza e Silvia voleva assolutamente condividere con le altre donne della camera quel comodo strumento, voleva spiegare loro che c’è un modo diverso, voleva proporre un’alternativa a persone lontane che si ritrovano a dormire disturbate da quel marsupio. Silvia vorrebbe che la sua storia, le sue emozioni, la sua idea possano divenire importanti per altri, è una spinta che sente dentro, quella di voler mettere se stessa in atti di cortesia per il mondo intorno come dimostra anche la scelta di gestire l’orto comunale della sua città.
L’auspicio di Silvia, come lei stessa afferma, è che il dispositivo possa divenire di comune utilizzo ed esser d’aiuto a chi come lei, purtroppo, ha la necessità di utilizzarlo ma che vuole sentire la libertà di muoversi nel mondo, fra i sogni, fra le braccia dei suoi cari senza il timore di creare un danno all’elastomero. Piccole invenzioni possono rendere più sereni attimi di vita.

La gentilezza di Silvia non si affievolisce, non viene schiacciata da quel malessere che ha turbato la quiete della sua dimora e, anche in questo periodo particolare, sceglie di fare della sua esperienza un atto di amore per l’altro. Chi volesse contattarla per ricevere informazioni può scrivere al seguente indirizzo mail: [email protected]
E se qualche azienda volesse investire nell’idea di questa tenace donna non esiti a scriverle.

Per ringraziarla noi non possiamo che augurare a Silvia la bellezza di sciogliere le corde del tumore dal suo corpo, di non sentire il ticchettio dell’orologio come infido compagno, di veder ricrescere ogni millimetro dei suoi capelli con orgoglio e fierezza, di respirare ogni momento che ha il sapore di famiglia e di caffè, di sentire il suono della voce di chi ama per lunghissimi, lunghissimi anni. Possiamo augurarle tempo, tempo sereno e leggero, tempo trasparente che non stride, non fa rumore.