«Camminiamo insieme. Vita e fede le chiavi»

Rivista IDEA ha intervistato il nuovo parroco di Borgo San Dalmazzo, don Mariano Bernardi

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Alla comunità di Bor­go San Dalmaz­zo si è presentato proponendo l’ascolto di una canzone: “Alzo le mani” di Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè. Un brano particolarmente significativo «perché fa comprendere bene quanto profonda sia la vita». Lui è don Mariano Bernardi, o meglio, «Mariano don», come preferisce definirsi lui stesso, il nuovo parroco di Borgo San Dalmazzo. A lui, 48enne, cu­neese, che a Borgo era già stato curato, sono state affidate tutte le comunità parrocchiali presenti, che guiderà con l’aiuto di don Paolo Au­disio e di don Ezio Mandrile.

Don Mariano, partiamo dalla canzone…
«In quel brano si susseguono molte frasi, ciascuna delle quali descrive una delle numerosissime esperienze che viviamo nella nostra quotidianità. E colpisce il fatto che ciascuna frase sia a sua volta composta da tante parole. Così viene naturale pensare alla profondità della vita. Ecco, il mio desiderio di fondo è proprio questo: mettere e far mettere la vita al centro».

Cos’è per lei la vita?
«La vita è l’insieme delle persone che compongono una comunità. È il tesoro che dovrà essere al centro di ogni pensiero. Questa vita andrà poi mes­sa in relazione con un’altra vita, quella di Gesù di Nazareth».

Qual è il suo ruolo?
«Quello di una chiesa che sta in mezzo tra Gesù e la gente. Cer­cherò, cioè, di favorire l’incontro tra queste due vite».

C’è un punto di arrivo?
«Quando mi chiedono chi sono, rispondo sempre: “Mariano don” e non “don Mariano”. Sa perché? Mariano è il nome che hanno scelto per me i miei genitori e racconta la mia storia, la mia umanità; “don”, che è arrivato in un momento successivo, ha qualificato la mia umanità ma il “Mariano” non è sparito, anzi, si è unito al “don” raggiungendo quella che è la “configurazione” attuale. Alla luce di ciò farò il possibile perché ciascuno provi a vivere le nuove avventure che gli si presenteranno davanti continuando a camminare nella propria umanità e, al contempo, nella propria fede. Partendo sempre da una certezza: la fede in Gesù è in grado di raffinare la nostra umanità».

Da dove si inizia?
«Dal non aver paura di cambiare quelle soluzioni che, seppure siano state efficaci per molto tempo, magari oggi non sono più adeguate a fare incontrare le nostre vite con quella di Gesù. Ciò che non cambierà mai, nell’umanità di ciascuno, è la ricerca di “spazi buoni”».

Nella sua unità parrocchiale quali saranno gli “spazi buoni”?
«Vorrei che tutti gli spazi delle nostre comunità parrocchiali diventassero occasione di incontro – per bambini, ragazzi, famiglie, anziani – e che fossero avvertiti come luoghi in cui c’è accoglienza per chiunque, nessuno escluso. Questo con la speranza che tale contesto, un giorno, possa far sorgere nelle persone domande profonde. Solo così la comunità diventerà portatrice di “giustizia buona”, ovvero saprà riconoscere il volto dell’altro, saprà accoglierlo e poi promuoverlo nella reciproca diversità. Si tratta di un cammino mai finito, come ci ha insegnato Gesù in persona».

La attende anche un’altra sfida: far sì che le comunità parrocchiali di Borgo cammino come un’unica chiesa.

«Sì. La chiave sarà salvaguardare le peculiarità di ciascuna comunità, provando però a scorgere e percorrere strade comuni».

Lei a Borgo era stato curato. Come ha vissuto il “ritorno”?
«Con la curiosità di rivedere quelle persone che avevo lasciato adolescenti e che oggi sono adulti e, in diversi casi, genitori. E poi c’era e c’è l’attesa di incontrare, conoscere e collaborare con persone del tutto nuove».

Che città ha trovato?
«È ancora presto per dirlo, ma sicuramente, in quindici anni, anche a Borgo sono cambiate diverse cose».

E lei com’è cambiato?
«Sento di essere cresciuto. Quan­­do lasciai Borgo, mi ven­ne chiesto di proseguire gli stu­di a Roma. Mi trasferii e presi la licenza in Scienze Bi­bliche. Si è trattato di un’esperienza che ha segnato la mia vita: lo studio e il successivo insegnamento della Bibbia mi hanno reso un parroco più attento. In più, si è ag­giunta l’esperienza di Cer­va­sca e Vignolo che mi ha arricchito enormemente».

Il messaggio per i nuovi parrocchiani di Borgo?

«A ciascuna comunità di Borgo dico di non preoccuparsi a lasciare “andare” alcune cose, perché presto, via via che le costruiremo, ci saranno tante novità da abbracciare. Ser­vi­ranno pazienza e ascolto, bisognerà mettersi in gioco. Ma i frutti, camminando insieme, arriveranno».