«Niente più strada Ora torno in Mtb»

Il roerino Diego Rosa saluta: «Vedrò la tappa di Bra dalla tv»

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Sembra ieri quando quel promettente giovane di Corne­liano d’Alba di­ventava professionista nel ciclismo su strada, aprendo peraltro una stagione particolarmente luminosa per il pedale di Langhe e Roero. E, invece, sia­­­mo già arrivati al capitolo conclusivo: dopo dieci anni disputati ai massimi livel­li, con tre vittorie e la partecipazione alle più importanti cor­se a tappe del mondo, a classiche monumento e a un’Olim­piade, Die­go Rosa ha deciso di dire addio al ciclismo su strada. Non pe­rò alla bici­clet­ta: dalla prossima stagione, l’a­tle­ta roerino tornerà al suo primo gran­de amore, la moun­tain bi­ke.

Diego Rosa, è sicuro di smettere con il ciclismo su strada?
«Negli ultimi anni mi è capitato diverse volte di pensare a come sarebbe sta­to il momento dell’addio. Ecco, adesso è arrivato e mi sento pronto».

Anche se ha solo 33 anni?
«Ho sempre detto e pensato che non avrei corso oltre i 36 anni. Ne mancherebbero tre, è vero, ma è il momento giusto».

Cosa glielo fa pensare?

«Il fatto che sto invecchiando… (ride). Battute a parte, è una decisione che ho maturato quest’estate. Al Giro mi ero divertito, riuscendo anche a vestire la maglia di miglior scalatore e a mettermi in evidenza. Non accadeva da tem­po. Poi però ho capito che in squadra non c’era più molto spazio per me. Mi sarei potuto mettere sul mercato e cercare un nuovo contratto. Ma sinceramente non avevo più voglia di dover scendere a compromessi e poi di dover ripartire da zero con un nuo­vo team».

Perché?
«Il ciclismo, rispetto a quando ho iniziato, è cambiato molto. Si è assistito a un cambio ge­ne­razionale profondo e per i corridori “vecchio stampo” come me c’è meno posto. In generale, in gruppo, c’è meno rispetto reciproco, non si bada quasi più ad alcune regole non scritte del nostro mestiere. E così, spesso, ci si ritrova in situazioni troppo pericolose oppure capita che gli avversari – che giù dai pedali dovrebbero essere degli amici – diventino quasi dei ve­ri rivali. Insomma, ultimamente facevo fatica a trovare gli stimoli giusti e mi sentivo quasi fuori luogo…».

Forse anche perché lei, nel frattempo, è cambiato?
«Sono diventato marito e pa­pà e, di conseguenza, le priorità sono cambiate, nel senso che se prima la mia vita ruotava esclusivamente attorno alla bici, adesso ruota attorno alla bici e alla famiglia. Ma la voglia di pedalare, di allenarmi e di comportarmi co­me un professionista è rimasta la stessa. I sacrifici che comporta il nostro mestiere non li ho mai sentiti come un peso. Il mio mondo è proprio questo».

Guardando indietro cosa vede?
«Ho corso alle Olimpiadi, nei tre grandi giri più importanti del mondo, nelle classiche monumento, sono stato compagno di campioni immensi in squadre dal valore mondiale e ho pure vinto qualche gara. Vado orgoglioso della mia carriera e non ho rimpianti. Anche perché, quando correvo tra i dilettanti, sognavo solo di diventare professionista, senza immaginare chissà quale risultato…».

La fotografia più bella?
«Ce ne sono tante. Parto dalla mia prima Milano-Sanremo: alla vigilia dissi ai miei genitori di incollarsi alla tv perché avrei attaccato. Il giorno della gara le condizioni meteo erano proibitive: vento, freddo, pioggia e addirittura neve. Ma io andai in fuga e resi fieri papà Arturo e mam­ma Enrica! Poi penso all’emozione incredibile del primo Giro d’Italia e della prima vittoria da professionista alla Milano-To­ri­no, in solitaria, davanti ai miei tifosi. Come in una favola. In­fine, ricordo spesso la vittoria ai Paesi Baschi, al termine di una fuga solitaria di cento chilometri sotto la pioggia».

La gara che vorrebbe rifare?
«Il Giro di Lombardia del 2016: sbagliai la volata e feci secondo… E poi dico la gara olimpica: con un pizzico di fortuna in più avremmo potuto vincere l’oro con Vincenzo Nibali».

Il legame speciale?
«Con tanti colleghi, direttori sportivi e collaboratori. Doven­do fare un nome solo dico il ds Giovanni Ellena».

Il messaggio per i tifosi?

«Li ringrazio uno per uno. Ten­go­no davvero a me e lo hanno sempre dimostrato. Mi hanno dato gioia e forza, li ricorderò per sempre. Ora, con il presidente del fans club, Valter Vignola, stiamo valutando che tipo di evento organizzare per scambiarci un saluto collettivo».

Ma non abbandonerà la bici…
«Dopo un paio di gare in estate, si è creata un’opportunità interessante e, nel 2023, tornerò a gareggiare in mountain bike: è la disciplina con cui sono cresciuto e che più mi diverte».

Che obiettivi si pone?
«Mi piacerebbe salire sul podio in una gara di Coppa del Mondo oppure rivestire la maglia azzurra, magari al Mondiale. In parallelo vorrei provare a raccontare il “dietro le quinte” di questo mondo con qualche video su YouTube. Poi, assieme a mio fratello Massimo, che corre in Mtb, continuerò a cu­rare la preparazione di alcuni ci­clisti, tra cui l’altro nostro fratello Luca».

Nel tempo libero?
«Mi dedicherò a tutto ciò di bello che ho, a partire da mia moglie Alessandra e dai nostri figli Elia e Noah. Stiamo anche programmando di tornare a vivere in Italia. Andremo nel mio Roero».

Il Giro lo guarderà ancora?
«Certo! Seguirò con particolare emozione la tappa di Bra: sarà una grande festa».

Il sogno nel cassetto?

«Desidero tranquillità e godermi la famiglia. Poi ci sarebbe un viaggio negli Usa da fare: io e Alessandra lo sogniamo da sempre. Adesso dobbiamo rimandarlo, ma ci andremo! Promesso».